- Pubblicità -
Tempo di lettura: 2 minuti

Oscar Vesevo, poliziotto della sezione Catturandi della squadra mobile di Napoli, guidata all’epoca dei fatti da Vittorio Pisani, era “contiguo al clan”. L’inquietante scenario emerge nelle 73 pagine di rigetto della misura cautelare in carcere dell’agente. Per Vesevo, infatti, era stato chiesto l’arresto in quanto la Direzione distrettuale antimafia lo accusava di aver portato via e rivenduto la pendrive del boss dopo la cattura. I giudici del riesame hanno respinto per ben due volte la richiesta di arresto scrivendo: “se è vero che non vi era prova che quest’ultimo abbia preso la pennetta è anche provato che il boss Michele Zagaria poteva contare sui poliziotti più fedeli”; e proprio durante questo passaggio che i magistrati definiscono Vesevo “contiguo al clan”. Negli atti del processo Medea emerge anche che lo stato avrebbe pagato a due confidenti la somma di 40mila euro in totale per catturare il boss. Nella ricostruzione dei magistrati sono risultate fondamentali le dichiarazioni dell’ex assessore del comune di Trentola Ducenta, Luigi Cassandra. Cassandra, infatti, spiega che tra il 2008 e il 2009 chiese ed ottenne dall’allora sindaco Nicola Pagano la nomina del cugino a revisore dei conti del Comune. Nel 2008 durante la primavera del terrore, messa in atto dal killer stragista Giuseppe Setola, una bomba scoppiò sotto la casa del commercialista Vesevo. “Mi recai da Zagaria – spiega Cassandra nel verbale – il quale mi disse che era opera di Setola, ma mi assicurò che la bomba non era rivolta al poliziotto che definì una brava persona, nel senso che non gli dava fastidio. Una volta Vesevo mi portò in questura a Napoli con Renato Roberto un altro agente. Lì c’era il capo della squadra mobile Pisani che mi disse ‘dov’è Michele?’, io risposi ‘l’ho lasciato al comune a Trentola’ riferendomi al sindaco Michele Griffo. Pisani rispose che si riferiva a Zagaria. Dopo qualche tempo incontrai Giovanni Garofalo il quale mi disse che il boss Michele Zagaria si complimentava con me per aver taciuto con Pisani. Alla luce di ciò pensai che i contenuti della conversazione fossero stati rivelati da Vesevo visto che lì c’eravamo solo io, Vesevo, Pisani e l’altro poliziotto”.