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Caserta – In oltre due mesi di controlli anti-caporalato, dallo scorso giugno ad agosto, i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Caserta hanno accertato la presenza nei fondi agricoli del Casertano di 71 braccianti in nero sui 97 scoperti (il 73%). Nel mirino soprattutto i fondi ubicati nei comuni dell’agroaversano e del litorale domizio, come Casal di Principe, Villa Literno, Mondragone e Castel Volturno, dove da sempre si registra il fenomeno dello sfruttamento lavorativo nell’agricoltura. Undici imprenditori agricoli sono stati denunciati per aver usufruito del “lavoro nero”, e hanno ricevuto contestualmente il provvedimento di sospensione dell’attività; per quattro imprenditori è scattata anche la contestazione per aver impiegato lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno. Ma i dati più rilevanti riguardano, da un lato, il controllo da parte di cittadini bulgari di tutta la filiera che alimenta il lavoro illegale nei campi del Casertano, dove si registra la presenza soprattutto di cittadini dell’Est, bulgari appunto ma anche ucraini e romeni, a fronte della presenza ormai minima, diversamente dal passato, di lavoratori di origine africana, la maggior parte dei quali spostatisi nei fondi agricoli della provincia di Foggia; dall’altro, la difficoltà di provare la sussistenza del reato di caporalato, punito con pesanti sanzioni, ma non facile da dimostrare.

I carabinieri del Nil di Caserta e gli Ispettori del Lavoro hanno infatti accertato che gli stessi bulgari che controllano il business non usano i cosiddetti “caporali”, ovvero soggetti che senza alcun titolo vanno a prendere gli operai e li portano nei campi dove ne controllano il lavoro sfruttandoli; a prelevare i lavoratori nei punti di ritrovo, è emerso, ci vanno gli stessi datori di lavoro o operai regolarmente assunti, per cui in tali casi non si configura neanche un’intermediazione illecita di manodopera. Nei campi inoltre, gli stessi operai, probabilmente “addestrati” dai datori di lavoro, hanno raccontato ai carabinieri di essere al primo giorno di lavoro e di non aver pattuito alcuna retribuzione. Resta dunque, come unica alternativa, quella di sospendere l’attività imprenditoriale per utilizzo di lavoro nero, che può portare l’azienda, in caso di mancata regolarizzazione dei lavoratori irregolari, ad essere inserita in una “black list” nazionale che le impedirà di accedere ai fondi comunitari.