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Il campo si trovava a Sparanise, in provincia di Caserta. Dopo l’armistizio del 1943 i tedeschi impiegarono la divisione reduce dalla disfatta di Stalingrado per confiscare un deposito militare nei pressi della stazione ferroviaria e la costruzione del campo. I deportati, provenienti da tutto il Sud Italia tra militari britannici, civili partigiani, militari italiani, venivano concentrati a Sparanise per essere impiegati nella manodopera coatta e destinati ai campi di cremazione, prevalentemente in quello di Dachau. Furono circa 5000 i
deportati caricati sui treni e portati via.
Il prof. Paolo Mesolella di Sparanise ha raccolto in una sua pubblicazione numerose testimonianze di prigionieri al riguardo tra le quali quella di Giovanni Spera che dice: “Quando arrivai nel campo di concentramento di Sparanise era il 23 ottobre 43 e c’erano migliaia di prigionieri. Reticolati e cavalli di frisia recintavano il perimetro del campo, sorvegliato da un nutrito numero di sentinelle che impedivano eventuali tentativi di fuga. Non c’erano cucine da campo, né una fontana per attingervi acqua. Non esistevano servizi igienici, per cui ognuno andava a soddisfare i propri bisogni fisiologici lungo il perimetro del campo. Il fetore era insopportabile, l’aria pestifera. Il senso del pudore era scomparso, essendo costretti a soddisfare i propri bisogni all’aria aperta ed alla vista di tutti. Uno spettacolo veramente degradante e vergognoso. Eravamo ridotti a livello delle bestie, con la biancheria intima sporca e maleodorante, la barba non rasa da giorni ed i pidocchi che infestavano ogni parte del corpo”.
Il campo, inizialmente era nato per ospitare poche persone, ma poi è arrivato a contenere 5000 prigionieri. Gli abitanti locali, in diverse occasioni avrebbero rifocillato e addirittura aiutato a scappare coloro che si trovavano al suo interno esponendo la popolazione agli eccidi della rappresaglia tedesca.

Foto di repertorio