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Caserta – Si è messo contro una delle famiglie camorristiche casalesi più potenti e longeve, i Bidognetti, denunciando la figlia del boss. Una mossa che potrebbe aver provocato la reazione del clan. E’ questa l’ipotesi su cui gli inquirenti lavorano per provare a capire cosa ci sia dietro l’intimidazione subita dall’imprenditore casertano Federico Falco, che martedì scorso 17 aprile, mentre era nel cortile di casa dei genitori a Parete, ha sparato quattro colpi in aria quando al cancello d’ingresso si sono presentati quattro uomini in moto, uno dei quali armato. Sulla vicenda la Procura ordinaria competente per territorio, quella di Napoli Nord, ha aperto un fascicolo, ma sin da subito si è ipotizzato che il fatto potesse avere una matrice mafiosa. I carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa hanno, come prima cosa, verificato l’attendibilità del racconto reso dall’imprenditore, raccogliendo testimonianze e visionando immagini, da cui emerso che l’episodio si è verificato così come riferito.

E’ stata quasi una conseguenza logica collegare il fatto al passato dell’imprenditore, che ha fatto arrestare Katia Bidognetti, figlia di Francesco detto “Cicciotto e’ Mezzanotte”, uno dei fondatori del clan, in carcere da 25 anni, ma nonostante ciò in grado da sempre di controllare il territorio attraverso i figli, i fratelli e i tanti fedelissimi. Falco denunciò Katia e il marito Giovanni Lubello perché lo costrinsero a comprare un partita di vino per il suo ristorante, una nota villa per cerimonie di Cellole. Una scelta che il clan potrebbe aver deciso di punire, visto che Parete ha sempre gravitato nell’orbita di influenza del clan Bidognetti; la pista investigativa è suffragata anche dalla circostanza che proprio Parete è uno dei comuni in cui è attiva la cosiddetta “Nuova Gerarchia Casalese”, un gruppo di neo-bidogniettiani mai staccatisi dal clan di origine, facenti capo a Michele Bidognetti, fratello del capoclan, e formato da ragazzi vogliosi di fare carriera nel crimine organizzato. Una cosca peraltro in parte smantellata proprio dai carabinieri, ma che dimostra la longevità e la capacità di rigenerarsi e riorganizzarsi della famiglia di Cicciotto.