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Casal di Principe (Caserta) – Due testimoni “diretti” di uno dei periodi più bui della storia italiana, quello degli omicidi Falcone e Borsellino, riuniti insieme a Casal di Principe (Caserta) per due “lectio magistralis”: Claudio Martelli, ex Ministro della Giustizia, colui che volle Falcone al Ministero “perché a Palermo era ormai solo”, e Giuseppe Ayala, ex pm del maxiprocesso alla mafia degli anni ’80 nonché grande amico di Falcone e Borsellino divenuto poi parlamentare nel Pri e nei Ds, raccontano le loro esperienze personali condite da opinioni molto forti.

“La trattativa Stato-Mafia non c’è mai stata – dice Martelli – ma c’è stato invece un grave cedimento politico riassunto dalle dichiarazioni del Ministro Conso, che nel 1993, davanti alla Commissione Antimafia, disse di aver revocato il 41 bis a 150 mafiosi per mostrare disponibilità verso l’ala moderata di Cosa nostra, rappresentata da Provenzano al fine di interrompere le stragi. Le azione violente però non finirono”.  “Quello che mi sono sempre chiesto – ha proseguito Martelli – è come facesse Conso a sapere che esisteva un’ala moderata dentro Cosa nostra. Chi glielo disse? Credo che qualcuno molto in alto avesse ad un certo punto pensato che il ‘muro contro muro’ contro le cosche fosse controproducente per lo Stato, per cui si decise di mostrarsi disponibili verso l’organizzazione mafiosa, cosa sbagliatissima dal punto di vista politico, perché lo Stato deve mostrarsi forte”.

“In quel periodo – ha detto ancora l’ ex ministro della Giustizia – dopo le morti di Falcone e Borsellino venne da me il colonnello del Ros De Donno a chiedermi copertura politica per poter parlare con Ciancimino e carpirne informazioni, e anche poco dopo l’introduzione del 41 bis (con il decreto Martelli-Scotti) che aveva dato ottimi risultati, parte della politica, dalla Dc al Pds, mi attaccò parlando di uno strumento incostituzionale. Dunque più che trattativa, ci fu un cedimento dello Stato, cosa che però non considero reato, come ha dimostrato la circostanza che tutti i processi che hanno ipotizzato una trattativa si sono conclusi con delle assoluzioni, mi riferisco a Mannino, o Andreotti, ma anche agli ufficiali del Ros”.

L’ex braccio destro di Craxi attacca anche l’attuale sindaco di Palermo Orlando. “Leoluca Orlando fu tra i protagonisti di uno dei peggiori attacchi fatti a Giovanni Falcone. Oggi è ancora sindaco, e probabilmente è il miglior sindaco che Palermo potesse avere, ma in 30 anni non si è creato alcun ricambio. Il nostro non è l’unico Paese in cui si ripresentano gli stessi ‘dinosauri’ dice Martelli riferendosi anche a Berlusconi. “Fu clamorosa la denuncia che nel 1990 Leoluca Orlando, allora sindaco di Palermo, fece al Csm contro Giovanni Falcone. Orlando, che fino ad allora era stato grande amico di Giovanni, lo accusò di non aver indagato sui mandanti politici degli omicidi eccellenti, ovvero i delitti del generale Dalla Chiesa, di Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale presidente della Repubblica, e di Pio La Torre. La verità – spiega Martelli – è che ciò che diede fastidio ad Orlando fu il fatto che Falcone scoprì che anche durante la sua amministrazione, salutata come quella della ‘primavera palerminata’, l’ex sindaco Ciancimino avesse ripreso a gestire grossi appalti”.

Ayala attacca invece il Csm. “Il Csm – dice – è un posto che non consiglio a nessuno di frequentare. Non ci ha mai azzeccato. Penso a quanto accaduto nel 1988 con la nomina a consigliere istruttore di Antonino Meli, che non si era mai occupato di mafia, ma che fu scelto al posto di Giovanni Falcone per succedere ad Antonino Caponnetto, cosa che sembrava naturale. Di merito non parlo, perché non vi fu alcun merito nella nomina”. Tanti gli aneddoti raccontati da Aiala sui due giudici uccisi dai Corleonesi. “Borsellino era di destra ma votò per me quando mi candidai e fui eletto con i Repubblicani nel 1992”. Ayala ricorda poi come negli anni ’80 lo Stato manifestò concretamente la volontà di combattere la mafia. “L’aula bunker che ospitò il maxi-processo a Cosanostra fu costruita in pochi mesi, segno che quando lo Stato ha volontà può ottenere qualsiasi risultato”.

Ayala conclude dicendo che “l’eredità di Falcone e Borsellino è enorme, e resterà viva fin quando tanti giovani vorranno entrare in magistratura per seguire il loro esempio”.