- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Una tragedia dell’indigenza e della disperazione, legata probabilmente allo sfruttamento lavorativo nelle campagne del Casertano, da sempre fronte caldo del caporalato: una persona, probabilmente un bracciante agricolo di cui non si conoscono generalità e neanche il sesso – ma dovrebbe essere un uomo – è deceduta nella notte nell’inferno di fuoco della baracca di fortuna in cui sopravviveva; il fatto è avvenuto nelle campagne di Lusciano, piena Terra dei Fuochi al confine con la provincia partenopea.

Ma le fiamme che i vigili del fuoco si sono trovati a fronteggiare non sono quelli dei rifiuti abbandonati, ma di una struttura in legno e lamiera situata nel bel mezzo di un’area di aperta campagna, tra fondi coltivati, tra cui vigneti. Altra emergenza del Casertano, dove di “lavoratori fantasma” che vivono “al limite” se ne contano a migliaia.

Non era una baraccopoli quella di Lusciano, ma una baracca singola le cui fiamme si sono levate alte nella notte; a poche decine di metri ce n’era un’altra disabitata e con all’interno degli attrezzi agricoli. Di queste piccole abitazioni di fortuna ne sono disseminate tante nelle campagne tra Caserta e Napoli.

La tragedia, è emerso dai primi accertamenti realizzati dalla squadra di polizia giudiziaria dei Vigili del Fuoco di Caserta, sarebbe stata accidentale; probabilmente le fiamme sono state causate da una fuga di gas dalla bombola che la vittima usava per alimentare un fornello e per riscaldarsi. I carabinieri di Lusciano hanno sequestrato l’area. Non è improbabile inoltre che la vittima dormisse; i vigili del fuoco del distaccamento di Aversa hanno l’hanno trovata sotto le lamiere annerite e ammassate, ormai carbonizzata, come se non avesse neanche provato a scappare.

Non è dignitoso morire in questo modo” ha detto il sindaco di Lusciano Nicola Esposito. “Abbiamo accertato che il terreno è gestito da un affittuario di Lusciano, che ora dovrà chiarire la sua posizione con i carabinieri. È probabile che la vittima fosse un bracciante, anche perché è stata trovata una bici bruciata“. Per Giovanna Basile si tratta “dell’ennesima vittima invisibile della mancata politica di accoglienza nel nostro Paese“.

Mimma D’Amico, del Centro sociale ex Canapificio di Caserta, da sempre in prima linea per la tutela dei migranti, afferma che “pur non sapendo ancora se si tratti di donna o uomo, si può però immaginare che si tratti di una persona fragile, senza relazioni sociali tali da garantirgli un riparo presso gli amici o un centro di accoglienza. Probabilmente un bracciante che doveva fare da guardiana al vigneto ed essere a disposizione per eventuali lavori di potatura. Una persona considerata uno “scarto” per poter vivere al gelo. Crediamo che per contrastare l’isolamento e tragedie del genere c’è bisogno di rafforzare le misure di sostegno al reddito, facilitare il mantenimento e l’accesso al permesso di soggiorno ed alla residenza, favorire una rete più efficace tra servizi sociali e le associazioni per costruire percorsi di inclusione“.