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Potrebbe finire alla Corte Costituzionale la contrapposizione che si sta consumando a Caserta attorno all’Eda (ente d’ambito), l’ente pubblico formato da Comuni e individuato dalla legge regionale per gestire il ciclo rifiuti nelle province campane, ma che non ha ancora iniziato ad operare in nessun territorio (ce n’è uno in ogni provincia, con l’eccezione di quella partenopea che ne ha tre).
I vertici Eda Caserta sono impossibilitati a partire perché la Provincia di Caserta non vuole cedere loro le proprie competenze, o meglio vuole un sostanzioso indennizzo – circa 30milioni di euro – per trasferire all’Eda la titolarità giuridica degli otto impianti di rifiuti gestiti nel Casertano, tra cui lo Stir e alcune discariche chiuse, e giudica non rispondente ai dettami costituzionali la norma regionale che la obbliga al trasferimento gratuito di competenze, tanto da essere in procinto di presentare ricorso al Tar. L’Eda – individuato dalla legge regionale 14 del 2016, emessa sulla base del Decreto legge 138 del 2011 – è stato pensato per passare dalla frammentazione attuale di competenze, con i comuni che gestiscono raccolta e smaltimento, e Province che si occupano appunto di impianti, alla centralizzazione nella gestione di tutto il ciclo, che a regime dovrebbe portare a costi minori per le casse pubbliche e le tasche dei cittadini; ma è soprattutto l’autonomia del ciclo in ogni provincia il vero obiettivo dell’Eda, con lo stop ai viaggi dei rifiuti che spesso fruttano guadagni milionari alle aziende di camorra. A tale scopo, ogni Eda prevede nel proprio territorio impianti di trattamento e riciclo, più che di smaltimento. Nel Casertano, il piano d’ambito già approvato dall’assemblea dei 104 sindaci nel settembre 2020, ha previsto dieci impianti e una discarica di servizio, alcuni dei quali da finanziare con le risorse del Recovery Fund; tra gli impianti vi è quello per il trattamento di pannolini, degli ingombranti, ve ne sono quattro per il compostaggio dei rifiuti umidi, con tre già finanziati, per una capacità di 88mila tonnellate, a Caserta, Casal di Principe e Cancello e Arnone, e un quarto, di 40mila tonnellate, che dovrebbe sorgere a Maddaloni, anche se l’ubicazione potrebbe cambiare. A gestire raccolta nei comuni e impianti dovrebbe essere una newco a partecipazione pubblica, che l’Eda Caserta dovrebbe creare a breve, e che si farà carico dei lavoratori in servizio presso i comuni e di quelli della Gisec, la società della Provincia che si occupa di impianti; per tutti gli addetti è garantito il passaggio di cantiere, e se serviranno altri dipendenti si attingerà da quelli in organico al Cub (Consorzio Unico di Bacino) di Napoli e Caserta. Ma senza il subentro nelle competenze provinciali, tutto resta fermo. A Salerno la Provincia ha ceduto gli impianti al’Eda, a Napoli sta per avvenire. “Aspettiamo le determinazioni della Provincia di Caserta – dice il Sindaco di Santa Maria Capua Vetere Antonio Mirra, Presidente dell’Eda – rispetto ad una legislazione nazionale e regionale che illustra chiaramente il percorso; siamo comunque pronti a partire in ogni caso anche perché abbiamo una opportunità storica rappresentata dal recovery fund. Quando sarà a regime – aggiunge – il nuovo sistema centralizzato dell’Eda garantirà l’autonomia della provincia nel trattamento dei rifiuti urbani prodotti, e il costo dello smaltimento per singola tonnellata diminuirà notevolmente portando a quelle economie di scala cui mira il legislatore. L’unica arma per combattere tutti i problemi di questo delicatissimo settore, compresi i tentativi di ingerenza del malaffare, è rappresentata dall’efficienza della gestione pubblica”.