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Un contenzioso amministrativo, per il riconoscimento del diritto allo studio al figlio disabile. Un’associazione creata per fare rete tra famiglie con analogo problema e denunciare una situazione “drammatica” degli scolari con disabilità.

Manuela Udito è la mamma di Samuele, 14 anni, affetto da tetraparesi spastica. È iscritto al primo anno dell’istituto superiore Giustino Fortunato del Vomero. Ma non è mai potuto andare a scuola, come riportato giorni fa dal Riformista. Mamma Manuela, assistita dallo studio legale Mangiapia, invoca la presenza di un operatore socio sanitario. La nomina però non è mai arrivata, nonostante un’ordinanza cautelare del Tar Campania. Il braccio di ferro, adesso, prosegue. A maggio ci sarà un’altra udienza.

Nella vicenda sono tirate in ballo Regione, anzitutto, poi anche Asl e Città metropolitana di Napoli. “Parliamo tanto di una sanità pubblica, ma in Campania siamo veramente rovinati” sbotta la signora Udito. Lo afferma nonostante ci siano “medici eccellenti: mio figlio lo hanno salvato 7-8 volte da morte certa”. Una storia dolorosa, non certo isolata. L’associazione si chiama “C’era una volta un principe di nome Samuele”. “Abbiamo – spiega la fondatrice – circa venti bambini della zona di Pianura e Soccavo, i gravissimi hanno malattie genetiche. Poi ci sono molti ragazzini autistici”. Questo è il luogo dove si scoprono quotidianità difficili. E inevitabilmente non mancano gli sfoghi. “È uno scaricabarile tra istituzioni, e noi genitori siamo stufi” dice la signora Udito.

“Vai in questo ufficio, e dicono che non è competenza loro. Lo stesso all’Asl, alla Regione. Noi che dovremmo fare?”. Un fatto è certo. La sofferenza non ammette toni diplomatici. “Questi bambini hanno bisogno di essere accompagnati in bagno. Ci sono storie riferite da mamme dell’associazione, di bambini che escono sporchi che non vengono proprio seguiti”. Tuttavia “non è colpa della scuola, il problema è che manca il personale, la figura dell’Operatore socio sanitario, l’unica che potrebbe servire”. Molti ragazzini infatti “hanno convulsioni”. Insomma “quando ci scapperà il morto, poi lo piangeremo. Ma perché dobbiamo arrivare al morto?”. Mamma Manuela racconta di “famiglie davvero abbandonate a loro stesse, con casi di autolesionismo, madri che non dormono notti intere per settimane, che sembrano zombie”. Perché, anche se molti lo ignorano, “ci sono ragazzini che non hanno quella cosa nel cervello che li fa dormire”. Il vissuto di questi genitori è un diario di lotta giornaliera. Si combatte con la carenza di Oss, e di aiuti alle famiglie. “Al Nord provvede anche l’Asl a mandare questi operatori”. Inoltre “noi come associazione non abbiamo fondi dallo Stato o dagli enti locali. Facciamo cene di beneficenza, vendiamo gadget, proviamo a sostenere le famiglie”. Si cercano “degli operatori per i nostri ragazzi, e hanno bisogno di essere pagati”. Però “i fondi che riusciamo ad ottenere, tra beneficenza e solidarietà, sono comunque pochi”. E non è solo questione di soldi, ma anche di leggi. “La mia battaglia – precisa la signora – è di avere un riconoscimento del caregiver, la persona che sta accanto al disabile”.

Il coraggio di resistere c’è. Ma a volte compare un umano sconforto. “Sono avvilita perché, da settembre ad oggi – confessa la donna -, ciò che passa a mio figlio è solo un’ora al giorno di fisioterapia”. Per il resto “sono io che devo provvedere a tutto, se non ci fossi lui non potrebbe neanche bere”. Peraltro non c’è solo Samuele: “Ho altri due ragazzini, lui è il terzo gemello”. L’unico a lavorare in casa è il marito, autista del trasporto pubblico. Poi c’è il capitolo scuola. “Gli vengono assegnate delle maestre di sostegno, che spesso non hanno le competenze per stare vicino a questi ragazzini”. Samuele è anche diabetico di tipo 1. “Può avere un’ipoglicemia, sono attimi”. Perché “se da Pianura devo prendere la macchina e andare al Vomero, mio figlio può andare in coma diabetico, e quindi bisogna comunque provvedere con un operatore socio sanitario, che sappia fare una misurazione di glicemia, dargli da mangiare, cambiargli il pannolone“. Per ora non se ne parla, e Samuele è costretto a rimanere in casa.