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Napoli – Tutti, o almeno quelli che non sono dentro la materia, hanno sempre pensato che, durante un’eruzione vulcanica, il magma fuoriesca dalla cima ma non è raro che ci siano situazioni nelle quali l’eruzione avvenga lungo le pareti laterali del vulcano. La spiegazione l’ha data Mauro Di Vito, ricercatore della Sezione “Osservatorio Vesuviano” dell’INGV (INGV-OV).

“In realtà, non è raro che l’eruzione avvenga lungo i fianchi dell’edificio vulcanico. Dopo aver lasciato la camera magmatica, infatti, il magma in risalita può farsi strada lateralmente fratturando le rocce, a volte per diversi chilometri. Raggiungendo la superficie, in questi casi, il magma forma una o più bocche eruttive, anche dando luogo ad eruzioni esplosive”.

E’ questa la grande sfida dei vulcanologi: scoprire dove si dirige il magma e dove romperà la superficie.

Il modello proposto in questo studio unisce la fisica dei vulcani, che permette di comprendere come il magma fratturi le rocce per muoversi nel sottosuolo, le procedure statistiche e la conoscenza della struttura e della storia del vulcano in esame. Tramite la statistica, i parametri del modello fisico vengono affinati fino a quando il modello non riproduce i processi eruttivi passati”.

Il nuovo approccio è stato applicato alla caldera dei Campi Flegrei, vicino alla città di Napoli. Le caldere sono vulcani caratterizzati dal collasso del tetto della camera magmatica a seguito di una grande eruzione: non hanno, quindi, una sommità nella quale si concentrano le eruzioni e questo genera incertezza nello stabilire l’ubicazione di future bocche eruttive. Così come genera grande incertezza riuscire a rendere questo studio comune a tutti i vulcani per cercare di costruire una struttura che possa classificare il grado di pericolosità di ogni singolo vulcano.