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Una vita da ostaggi, costretti a chiedere permesso per entrare e uscire di casa. E sotto gli occhi di adulti e bambini, lo spaccio di droga del gruppo Rega-Piacente. Questo sarebbe toccato, dentro lo stabile, ai residenti di alcune palazzine nel Rione 219 di Brusciano. Se ne parla nell’ordinanza di misura cautelare del gip Fabio Provvisier del tribunale di Napoli. Il provvedimento è stato eseguito oggi dai carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna, coordinati dalla Dda di Napoli. Ha portato all’arresto di 35 persone, e a 6 divieti di dimora. Il giudice rileva “un metodo mafioso di spaccio”. Vale a dire “costringere i condomini che intendono accedere al palazzo in cui abitano a non possedere le chiavi di apertura”. Oppure, per muoversi, “ad essere previamente riconosciuti dallo spacciatore di turno, che solo in tal caso apre il portone”. Tutto ciò “equivale ad una forte limitazione della libertà personale che radica un metodo tipico della criminalità organizzata”. In un caso, presso la ‘quarta scala’, “risultano addirittura divelti i citofoni per evitare che il portoncino venisse aperto da remoto e senza ‘autorizzazione'”.

Come avviene di solito, la piazza di spaccio sarebbe stata presidiata da telecamere. E per avvertire di forze dell’ordine, il grido “Marco” come parola in codice. Non solo. Per comunicare con i pusher, le vedette avrebbero usato anche le ricetrasmittenti. Ma l’aspetto sottolineato dal gip è “la capacità intimidatrice degli indagati, ed il condizionamento che siffatta organizzata attività di spaccio ha prodotto nella vita delle persone che abitano il quartiere”. Gli investigatori, infatti, avrebbero “accertato che i residenti nelle palazzine, estranei alle attività illecite, non hanno la disponibilità delle chiavi dei portoncini condominiali in ferro ed i citofoni sono stati divelti”. In pratica, “privati della libertà di uscire o far rientro nelle loro abitazioni”. E non basta. Il giudice tratteggia un quadro allarmante in prospettiva.

Gli stessi abitanti “sono costretti a dover assistere all’attività di spaccio che prosegue indisturbata anche in presenza di famiglie e bambini, con devastanti effetti sulla formazione culturale e delle coscienze di costoro”. A parere del giudice, “anche questo è metodo mafioso”. Indicative le foto scattate dai carabinieri, allegate al provvedimento. Insomma, nelle palazzine i pusher avrebbero spadroneggiato. L’ordinanza annota: “Le registrazioni in atti documentano l’attività degli spacciatori, i quali, generalmente, stazionano dietro la “feritoia”, anche comodamente seduti, tenendo in bella vista i “pallini” di cocaina, le “stecchette” di hashish, le “bustine” di marjuana, il danaro contante provento dello spaccio ed una ricetrasmittente“. Un controllo totalitario, stando alle indagini. In un’intercettazione ambientale, un indagato perfino “impediva alla donna impegnata a lavare le scale condominiali” di “effettuare le pulizie nello spazio nel quale stava spacciando“. Secco l’ordine: “Adesso vuoi lavare a terra? No signora qua no!”.