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Napoli – “Ce la siamo vista nera stanotte. Il Cotugno sta esplodendo”. Maurizio Di Mauro, direttore generale dell’azienda ospedaliera dei Colli (Cotugno-Monadi-Cto), lancia l’allarme in un’intervista rilasciata al ‘Corriere del Mezzogiorno’. Il 118 scaricava pazienti uno dopo l’altro. Tanto che dopo ho dovuto dare l’ordine di chiudere il pronto soccorso. Siamo in emergenza, ma dobbiamo lavorare tutti in massima sicurezza”.

Il direttore generale Di Mauro poi continua: “Bisogna avere freddezza per gestire certe situazioni. L’utente non si caccia mai. Anche in condizioni di barella, si curano tutti, sempre”. Però il Cotugno non ha più posti disponibili. “Non ne ha più. In questo momento il Cotugno è tutto Covid 19. Gli ultimi malati di Aids li sto trasferendo alla Vanvitelli”. È piena anche la rianimazione: “Gli otto posti letto del Cotugno sono tutti occupati, come gli ulteriori otto del Monaldi. Mi auguro di aprirne altri 8 domani e ulteriori 8 la prossima settimana. Praticamente abbiamo riconvertito un intero ospedale”. Positivo il primario di rianimazione del Monaldi: “Sta bene, per fortuna, è a casa. Lavora anche da lì”.

Quanti ricoverati avete per cui il Cotugno è saturo? “Circa 150. È piena anche la nuova palazzina appena ristrutturata. Abbiamo circa 40 pazienti in subintensiva”. Ha paura che la situazione peggiori? “La paura l’ho avuta stanotte quando avevamo anche la tenda del pretriage piena come un uovo. Ho avuto paura di non riuscire a portare l’ossigeno lì sotto. Una tenda, capisce, una tenda.Ora servono i posti di degenza. Al Loreto mare è stata aperta la rianimazione, ma vanno aperti anche i reparti. Così al Policlinico. Sono sicuro che per la prossima settimana andremo a regime con questo piano di razionalizzazione che viene ritIrato ogni giorno, ad ogni emergenza, grazie al lavoro dell’unità di crisi”.

Di tutti questi giorni di emergenza e dolore cosa l’ha colpita? “L’abnegazione totale del personale, medico e non. Ieri gli infermieri che hanno staccato dal turno al Monaldi, quando ci hanno visto in difficoltà sono rimasti a lavorare senza marcare il cartellino. Un giovane infermiere con un contratto a tempo indeterminato a Bologna si è licenziato per venire a Napoli, la sua città, con un incarico di sei mesi. Farò di tutto per assumerlo, di tutto, perché se lo merita”. Ha la voce rotta, si è commosso. “Certo, perché serve freddezza, ma anche cuore. Ci stiamo mettendo tutti l’anima in questa storiaccia. Per questo ribadisco: stateacasa. Chiamate l’esercito, l’aeronautica, chiunque. Per fermare il virus bisogna evitare ulteriori contagi. Dunque, state a casa. Perché così finisce. Finirà? Sì, ne sono certo”.