“Eravamo veramente fratelli, capitava che lui venisse pure a dormire a casa mia, e quando finivamo di lavorare stavamo sempre insieme. Pure io faccio il pizzaiolo, e parlavamo di aprirci un giorno un locale tutti e due, anche lontano da Napoli. Magari l’avessimo fatto e ce ne fossimo andati da qui”. Così in una intervista al Corriere della Sera Carlo Chiaro, amico di Francesco Pio Maimone, il 18enne ucciso a Napoli.
“Quelli che si sono presi a botte non li conoscevamo proprio – racconta – Pio non ha mai preso questioni con nessuno. Stavamo a un tavolino, avevamo comprato le noccioline, quando abbiamo sentito gente che litigava e poi i colpi di pistola. Ma erano a venti metri almeno da noi e c’era in mezzo un sacco di gente. Come è possibile che è stato colpito lui? Pensavo che fosse svenuto per la paura quando quello ha sparato. E allora – prosegue il racconto – cercavo di tirargli fuori la lingua per non farlo soffocare. Gli altri dicevano ‘il sangue, il sangue’, ma io dicevo ‘non vi preoccupate, non è il sangue è il disegno della maglietta’. Invece teneva un buco in petto. Non me lo dimentico più. L’ho visto morire, lo tenevo tra le braccia quando ha perso conoscenza. Da quella notte non faccio altro che chiedermi perché”.