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Napoli – “Diego, Diego”, e lo stadio s’infiamma. Quando la delegazione dell’Argentina ha tirato fuori la maglia di Maradona, il San Paolo non è riuscito a mantenere l’aplomb delle serate di gala. Quella maglia, con quel preciso numero stampato sul retro non sarà mai un’emozione da poco per il popolo partenopeo, che non perde occasione per ‘venerare’ il mito. E rivedere quel cimelio all’improvviso, in una serata dai toni emotivi elevatissimi, non ha fatto altro che far salire il grado di commozione. 

Di Maradona, se tutto va bene, ne nasce uno ogni cento anni. Ciò che è immortale è l’orgoglio di vestire l’azzurro del Napoli, lo stesso che prova Lorenzo Insigne fin da bambino. Un orgoglio sicuramente alimentato dalle gesta prodotte al San Paolo dal ’10’ argentino a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta attraverso gol, giocate e successi dall’inestimabile valore per la città, non solo sul piano calcistico. 

Ed è toccato proprio a Insigne calciare nel braciere ecologico la palla infuocata che ha rotto il muro tra l’attesa e l’effettivo avvento di questa Universiade. Lui, ultimo tedoforo dopo Pino Maddaloni, Diego Occhiuzzi e Carlotta Ferlito. Insigne ha calciato idealmente la sfera di fuoco, poi è toccato alla tecnologia dirigerla verso la riproduzione del Vesuvio, divenuto un braciere ecologico che ha permesso un risparmio di circa 180mila euro. Un’ovazione ha accompagnato la sua conclusione, così come è stato percettibile il boato tributato al portiere Meret, entrato in scena poco prima di lui. Momenti indimenticabili per Napoli. Benvenuta Universiade.