“In casa mia Invitalia non la faccio entrare“. Si mostra assai pugnace Paola Minieri, residente di Borgo Coroglio. Invitalia è il soggetto attuatore del programma di bonifica e rilancio dell’ex area industriale di Bagnoli.
Borgo Coroglio è l’insediamento abitativo da riqualificare: sarà raso al suolo, in gran parte, e rifatto ex novo. Molti abitati, infatti, sono considerati troppo fatiscenti. Ma tutto questo, solo dopo gli espropri. Antico borgo marinaro, a Coroglio vivono circa 90 famiglie. Tanti sono discendenti degli abitanti di un tempo. Qui c’è la memoria storica di Bagnoli. Del quartiere, custodisce la relazione ancestrale con il mare, e quella con il passato industriale. Guardando Borgo Coroglio, in filigrana riscopri Bagnoli, a cavallo dei secoli.
“Questa casa era della mia bisnonna – racconta Paola – poi di mia nonna, di mia madre e domani sarà di mio figlio”. L’avviso è: certi residenti non vogliono sloggiare. “Siamo legati alla casa e al posto” spiega Minieri. E quindi “non voglio i soldi, ma casa mia”. A sentirla, non se ne andrebbe “nemmeno per 3 milioni di euro”.
Ecco il punto. Il 7 maggio Invitalia ha indetto una riunione con i proprietari degli appartamenti. Due le possibilità prospettate, per chi possiede casa. Se non risiede al borgo, avrà un indennizzo. Se invece ci abita, c’è una duplice facoltà. O il normale compenso per l’esproprio, oppure restituire l’indennizzo, e pagare il costo dei lavori di ristrutturazione. “Devo pagare la mia casa la seconda volta, e – dice sconsolata Paola – non ci dicono a quanto ammonta il conto dei lavori”. Tra i residenti serpeggia l’incertezza sul futuro. “Dovrebbero dirci – aggiunge Minieri – le sorti di ognuno, invece così ci tengono sulle spine”. Unica certezza: “Sappiamo che avremo l’esproprio, entro febbraio 2025”.
Nell’ultimo report del commissario straordinario, il sindaco Gaetano Manfredi, il percorso è chiaro. Si rende necessaria “l’acquisizione delle aree e degli immobili anche mediante procedure espropriative”. Allo scopo, scriveva a febbraio scorso, si dovranno definire quanto prima gli stralci progettuali. Un passaggio ritenuto indispensabile, per conseguire la dichiarazione di pubblica utilità.
“Ed evitare la reiterazione – si legge nel documento – del vincolo preordinato all’esproprio, apposto in data 01/02/2020 con scadenza al 31/01/2025″. Il commissariato di governo intende accelerare, in sostanza. “In tanti vogliono i soldi e basta, hanno paura” riferisce Paola. Meglio l’uovo oggi che la gallina domani, in pratica. Il nodo però è la valutazione. Si sente parlare di 1200-1300 euro a metro quadro. “A nessuno – precisa la residente – andrebbero bene. Con 80-90mila euro non compro neanche un garage”.
Insomma: da un lato c’è lo spettro sradicamento, per chi vive là da generazioni, dall’altro, come ovvio, è pure una questione economica. “Il mio palazzo è fronte mare, terrazzato – spiega Paola -. Un’altra casa così chi me la dà?”. E c’è anche un senso di rivalsa, una rivendicazione immateriale. “A chi vanno i nuovi appartamenti, ai ricchi che scendono a mare con la borsa firmata?” sbotta l’abitante di Coroglio. “Qui ci siamo mangiati la polvere della Cementir, ci sono stati i morti di cancro per le fabbriche di amianto. Ben venga la riqualificazione, ma non a discapito nostro”.
Fonti vicine alla cabina di regia per Bagnoli provano a fare chiarezza. La valutazione dell’esproprio avverrebbe “a valori di mercato”. Ma per i proprietari-residenti, non si escluderebbero ulteriori incentivi. Più soldi, per rinunciare al diritto al reinsediamento. Nelle istituzioni, in ogni caso, alberga anche una promessa. “Favorire – ci viene riportato – la massima tutela dei diritti e delle aspettative della popolazione, cercando di far quadrare tutto in modo che, chi vuole, possa reinsediarsi”.
Prima di avere le nuove abitazioni, passerebbero tuttavia anni. “5-6” specificano dalla cabina di regia. Fino ad allora, ai residenti toccherà trasferirsi altrove. Intanto, il 23 e 24 maggio scorsi, Invitalia era a Borgo Coroglio. Ha effettuato alcuni rilievi nei condomini. “Ma non sono entrati in casa mia e di altri 3 proprietari” obietta Paola. E il prossimo 4 giugno si annuncia un’altra visita.
“E io ho ribadito – dichiara la residente – che non devono entrare neppure nell’androne. Su consiglio del nostro perito di parte, abbiamo chiesto una pec o una raccomandata per dare l’autorizzazione”. Sembra il prologo di una resistenza a oltranza. Ma è presto per saperlo.
“Il mio palazzo, più volte ristrutturato in passato – sottolinea Paola – è in buonissime condizioni. Non vedo perché debba essere buttato giù e io debba uscire da questa casa, per poi rientrare e pagare i lavori”. La richiesta, davvero accorata, è “di non espropriarci, dove gli edifici lo consentono”. La battaglia può essere molto lunga.