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NAPOLI – Professoressa Gloria Chianese, storica napoletana. 

“Nei prossimi giorni in libreria con un volume di cui sono la curatrice e che si intitola “Napoli e la giunta rossa”, edito da Mimesis e Fondazione Valenzi per la collana Memoria e Futuro”.
 
A proposito di futuro: l’avete fatto apposta a darlo alle stampe in questi giorni di toto-giunta, dica la verità.
 
“No: è un caso, naturalmente. Non sapevamo nemmeno che Manfredi ce la facesse al primo turno. In ogni caso, lo presentiamo domani alle 11 in Fondazione, al Maschio Angioino”.
 
Gaetano Manfredi, il sindaco eletto, ha dichiarato che oltre a Jacques Delors, si ispirerà a Maurizio Valenzi.
 
“Abbiamo un passato a cui rifarci, è importante se pensa a Valenzi”.
 
A Valenzi piaceva disegnare, a Manfredi piace progettare.
 
“Tra l’uno e l’altro è passato un bel pò di tempo. Napoli è cambiata. E cambia anche chi la vive e chi la guida”.
 
Valenzi, sindaco dal 1975. Manfredi, sindaco dal 2021.
 
“Napoli, ora come allora però, ha lo stesso bisogno di essere ben amministrata dopo eventi traumatici. A Valenzi toccò il post-colera. A Manfredi tocca il post-Covid”.
 
Incrociamo le dita.
 
“Napoli, ora come allora, ha bisogno di progetti e di avere livelli di vivibilità migliori, a beneficio soprattutto delle fasce sociali messe peggio”.
 
Valenzi ce la fece?
 
“Direi di sì. La sua idea di città inclusiva seppe concretizzarla. Le sue giunte rappresentarono una esperienza originale”.
 
Ora è la volta di “San Gaetano il realizzatore”, come l’ha chiamato Ottavio Ragone su Repubblica.
 
“Valenzi fu eletto nel 1975 sindaco a due anni di distanza dal colera, che fu un vero trauma per la città. Ma anche un punto di svolta. Magari lo è anche il Covid”.
 
Il colera a Napoli.
 
“La vaccinazione fu veloce anche grazie alle sezioni del Partito Comunista che misero a disposizione della collettività la loro organizzazione. Il partito, con quella prova, acquisì agli occhi della gente una grande credibilità”.
 
Napoli, Italia.
 
“La Napoli del 1975 era una città molto dentro alle cose che accadevano anche in un contesto più grande. Basta ricordare che all’epoca la città vantava ancora una importante presenza industriale. E che le fabbriche cominciavano a chiudere provocando un grande conflitto sociale, qui come altrove. Erano gli anni dei comitati dei disoccupati organizzati”.
 
Lavoro, lavoro.
 
“Furono anni di grande fermento sociale. Ma, con Valenzi nel 1975 e la grande affermazione del Pci alle politiche del 1976, anche di grande speranza, di attesa costruttiva”.
 
Ora, per tradurla in fatti Manfredi pensa a una giunta di professori e tecnici: Edoardo Cosenza, Antonio De Iesu, Sergio Costa, Luigi Nicolais, Sergio Locoratolo. Ci sarebbe bisogno anche di un Andrea Geremicca.
 
“Un Geremicca non nasce per caso. Il sistema politico è cambiato. I partiti, in crisi, non hanno più lo stesso rapporto con la società”.
 
Un ragazzo che vuole impegnarsi contro i cambiamenti climatici o per il suo quartiere guarda a Greta, non bussa ad alcuna sezione.
 
“Invece all’epoca i partiti avevano le loro articolazioni sul territorio. E avevano un’idea inclusiva di società che sapevano tradurre anche in pratiche di buon governo”.
 
Qualche idea.
 
“Le giunte Valenzi si inventarono gli eventi di Estate a Napoli, le grandi mostre e la cultura alla portata di tutti. La pulizia radicale, comprese le fogne, di un quartiere a settimana. L’apertura del bosco di Capodimonte. Le scuole aperte anche nei mesi estivi”.
 
Un innovatore.
 
“Senz’altro, per quei tempi”.
 
Valenzi ripensò anche al rapporto centro-periferia sul piano urbanistico.
 
“Con grande coraggio”.
 
Manfredi oggi parla di città policentrica.
 
“All’epoca Valenzi negoziò condizioni più favorevoli per il progetto del centro Direzionale e intuì la fondamentale importanza della metropolitana collinare, di cui inaugurò la prima tratta”.
 
Magari con qualche treno che passava.
 
“Sicuramente imponendo anche al suo stesso partito una cultura di governo: un grande cambiamento culturale per chi era abituato solo a fare opposizione”.
 
Ora è il contrario, invece. La sinistra a Napoli governa dal 1993.
 
“Ma da zero a dieci io sono ottimista sette: con Manfredi vedo le condizioni per costruire qualcosa di nuovo. Anche grazie ai rapporti col Governo centrale e le altre istituzioni. Questo è fondamentale. E la stessa vicenda di Valenzi lo dimostra”.
 
Il terremoto del 1980 calò giù il sipario.
 
“Non bisogna dimenticare che Valenzi dovette sempre avere a che fare con la Democrazia Cristiana e non aveva i poteri che la legge dà oggi a un sindaco”.
 
Cadde nel 1983, con un bilancio non approvato.
 
“Ma per otto anni fu non solo un abile amministratore, anche un fine politico. Seppe avere un grande equilibrio con la Dc”.
 
Manfredi deve ballare con 13 liste.
 
“Riuscirà a farlo bene se propone una idea forte, moderna di città. E se, come Valenzi, riuscirà a rapportare Napoli non solo con Roma, ma con l’Europa. Così facendo, le regalerà anche lui un respiro internazionale per venir fuori dalla crisi”.