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Napoli – «Se non dovessi avere nemmeno da lei un segno di maggiore giustizia quando scatterete ritti dinanzi al tricolore o per l’inno nazionale, non si sorprenda se io mi girerò di spalle». È quanto Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito, il giovane ucciso prima della finale di Coppa Italia del 2014 tra il Napoli e la Fiorentina, a Roma, ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo le motivazioni della sentenza che hanno portato ad uno sconto di pena per l’ultras romanista, Daniele De Santis, che quel pomeriggio in via Tor di Quinto, impugnò una pistola e fece fuoco contro Ciro che si stava recando allo stadio con un gruppo di amici.

Da 26 a 16 anni ritenendo quell’omicidio “una bravata”. La lettera è stata pubblicata e i genitori di Esposito chiedono di condividerla perché diventi una petizione al Capo dello Stato. «Mi sento disgustata indignata, furiosa per come non la Giustizia, ma l’interpretazione della legge abbia offeso la memoria di mio figlio, Ciro Esposito, e irriso il dolore e l’attesa di giustizia di noi e degli italiani. Quasi non volevamo credere che un tribunale avesse ridotto da 26 a solo 16 anni, la pena. Aspettavamo le motivazioni di quella incomprensibile sentenza, per capire. E ora le abbiamo. No, Signor Presidente, non accetto, non posso consentire che la tragedia che ha distrutto la nostra famiglia sia definita “una bravata” dal tribunale che doveva renderci conto del crimine e del dolore che ha cambiato le nostre vite, è un insulto che un omicidio sia ridotto a malaugurata azione “dimostrativa”. Dimostrativa di che? Di quanto si può sopravvivere dopo essere stati sparati con una pistola? La logica e la decenza si ribellano all’idea che si cerchi di giustificare l’assassino, “insofferente per la presenza di tanti tifosi napoletani”», scrive la mamma di Ciro.

Leardi fa poi un passaggio molto toccante parlando dell’omicidio di Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello stato, assassinato dalla mafia nel 1980: «Le hanno ucciso un fratello, Presidente. Lei riesce a dimenticarsene? Riesce a svegliarsi la mattina senza pensare: lui non c’è? Riuscirebbe a tollerare che nelle motivazioni per l’omicidio di suo fratello si potesse leggere la banalizzazione della sua tragedia e della vita soppressa con termini quali “bravata”, azione dimostrativa? Se la legge consente questo, la legge e’ sbagliata. Se la legge non lo consente, e’ sbagliata l’interpretazione della legge», conclude.