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Città del Messico – Ad oltre tre anni dalla loro scomparsa, comincia domani nello Stato messicano di Jalisco il processo che vede imputati alcuni agenti di polizia considerati colpevoli di avere consegnato a fine gennaio 2018 tre cittadini italiani – Raffaele Russo, Antonio Russo e Vincenzo Cimmino, tutti e tre di Napoli – ad un boss del Cartello ‘Jalisco Nueva Generación‘ (Cjng) di Ciudad Guzmán. Lunghe e complesse indagini hanno portato ad una ricostruzione della vicenda in cui, secondo l’accusa, un gruppo di agenti del commissariato di Tecalitlán – identificati come Emilio N, Salomón N, Fernando N e Lidia N – avrebbero catturato i tre commercianti italiani su richiesta di José Guadalupe Rodríguez Castillo (alias ‘El 15′ o ‘Don Luque‘). La lunga istruttoria del processo nei confronti degli imputati, accusati dalla Procura di sparizione forzata, è stata costellata da alcune misteriose morti che hanno riguardato l’agente Fernando N, deceduto in carcere, il sindaco di Tecalitlán, Víctor Díaz Contreras, crivellato di colpi da sconosciuti, e lo stesso boss Rodríguez Castillo, ferito mortalmente in uno scontro a fuoco con elementi di un gruppo rivale nel luglio 2018. In una intervista telefonica con il quotidiano El Occidental di Jalisco, Francesco Russo, figlio di Raffaele e fratello di Antonio, ha indicato di “non avere ancora perso la speranza di ritrovare i famigliari in vita“. Ed ha aggiunto: “L’inizio del processo è benvenuto. Quali che siano le informazioni in possesso degli imputati che le facciano conoscere. Non è possibile che ci tengano così, senza sapere nulla. Questa non è vita“. “Non è possibile – ha concluso – che le persone si comportino in questo modo con altre persone. Sarebbe molto gentile da parte di questa gente che ci possa dire cosa è successo ai membri della nostra famiglia, perché davvero ci hanno costretto a vivere una vita che non vale più niente senza la presenza dei nostri cari“.