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Graziella Pagano, leader di Italia viva a Napoli. Ancora poche ore e la parola passerà agli elettori. Che risultato si aspetta?

“Sono scaramantica e dunque non mi pronuncio mai prima delle elezioni. Le sensazioni, però, sono molto positive. Vincenzo De Luca ha dimostrato di essere un politico di razza, non soltanto per come ha gestito la fase più difficile della pandemia. Vorrei ricordare il piano socio economico da 1 miliardo di euro, la battaglia per uscire dal commissariamento della sanità, i grandi investimenti nel settore della cultura e dello spettacolo e la caparbietà con la quale ha consentito a migliaia di ragazzi di fare un concorso ed entrare da subito nella nostra pubblica amministrazione. De Luca non è solo lo sceriffo anti-Covid, e per questo penso che meriti la riconferma”

È stata una campagna elettorale condizionata dalla epidemia e anche, in misura minore, dalla stagione estiva. Come l’ha vissuta?

“Non come avrei voluto. Mi sto ancora curando per contrastare la mia malattia e non posso permettermi il contagio. In generale la gente è stanca e preoccupata”.

Il Covid ha messo in ginocchio tante piccole e piccolissime imprese, dato un colpo duro al commercio e a tanti settori produttivi e ha gettato nella precarietà e nello sconforto tante persone, tante famiglie…

“L’emergenza non la paghiamo tutti alla stessa maniera. E proprio per questo la politica deve recuperare il suo ruolo di rappresentanza e la sua funzione civica. Spero che non resti una utopia. Le persone vogliono risposte, non slogan”.

Lei coordina Italia viva a Napoli, vi siete dati un obiettivo per queste regionali? Il partito ha vissuto fasi un po’ tese nelle scorse settimane…

“Italia viva ha compiuto da poco un anno. È un progetto nel quale credo molto tanto da lasciare il Pd che ho contribuito a fondare e di cui sono stata per ben due volte presidente regionale. A noi si sono avvicinate personalità varie, mondi diversi. Ci sono tanti comitati civici che lavorano duramente e che non vanno mortificati e ceto politico che naturalmente si aggrega, specie sotto elezioni. Il tema è far coesistere le due anime. Questa è la vera sfida. È chiaro che un risultato positivo, diciamo superiore al 3% che indicano i sondaggi nazionali, può favorire un processo di crescita, ma indipendentemente dal dato elettorale, che io penso e auspico positivo, serve un elemento di chiarezza definitiva. O Iv è quella ventata di riformismo radicale necessaria a questo paese, e penso che le idee di Renzi restino quelle più avanzate, oppure se deve diventare un ritrovo di arrivisti e improvvisati il progetto fallirà. Ma sono ottimista e lavoro per far sentire a casa i tantissimi ragazzi e ragazze e le tante personalità politiche e non solo che vogliono davvero una Italia viva”.

Immagina che, se dovesse vincere, De Luca ripeterà l’esperienza della giunta tecnica oppure aprirà ai partiti? E nel caso voi avete qualche nome da proporgli?

“Conosco Vincenzo da 40 anni. Abbiamo, talvolta, avuto scontri durissimi. Ma non gli posso non riconoscere il fatto che è un uomo fondamentalmente libero. Ha faticato tutta una vita per imporsi e nessuno gli ha regalato nulla. Per questo non ama contrattare e non si farà imporre le scelte. Il Presidente della Giunta, se come spero sarà di nuovo lui, deve essere libero di scegliere la squadra che ritiene migliore magari tenendo insieme la competenza dei tecnici e la concretezza dei politici. Iv non deve chiedere e non deve elemosinare. Capisco le aspirazioni di qualcuno, ma eviterei indebite pressioni. Dobbiamo cambiare la Campania non il destino di qualche singolo”.

Il 20 e 21 si voterà anche per il Referendum, lei si è già espressa per il NO. Può spiegarci le ragioni?

“Mi sono sempre battuta per le riforme e mi dispiace che molti riformisti pensano che votando Sì si apra la strada a una riforma più consistente. Io non lo credo e la storia parlamentare più recente lo conferma. Voto No perché questo referendum è diventato un patetico manifesto anti casta dei 5 stelle, che taglia i parlamentari senza una riforma complessiva del funzionamento delle Camere, che allontana ancora di più i territori dagli eletti, che svuota il concetto di rappresentanza affidandolo solo alle segreterie di partito e che non produrrà alcun beneficio reale agli italiani. Si risparmiano 50 milioni di euro, meno di un caffè per ogni cittadino, ma si finirà per distruggere la democrazia rappresentativa in nome di un furore populista sempre più insopportabile”.