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Napoli – “Scrivo di getto, a pochi minuti dalla fine delle riprese. Mi trema la mano, sento ancora viva l’emozione dell’esperienza appena conclusa: «Napoli magica» finisce qui, ha gridato il mio aiuto regia, tutta la troupe è scattata in un applauso fragoroso. Applaudivamo a noi stessi, certamente, alla fine di un incredibile viaggio, ma anche ai luoghi che abbiamo attraversato e soprattutto alle persone che abbiamo incontrato”. Marco D’Amore attraverso le pagine de ‘Il Mattino’ ha scritto una lettera di ringraziamento ai napoletani appena finito di girare, nel pomeriggio di ieri, «Napoli magica», film tratto dall’omonimo libro di Vittorio Del Tufo per Neri Pozza: una produzione Sky e MAD Entertainment, che verrà distribuita al cinema da Vision Distribution. D’Amore ne è autore, con Francesco Ghiaccio, e regista. 

“Ho parlato con incertezza, – scrive – la voce rotta, gli occhi lucidi: «Devi dire due parole», mi suggeriscono. Ho camminato verso il centro del cerchio a testa bassa, provavo a trattenere le lacrime. Poi ho guardato le mie ragazze e i miei ragazzi negli occhi, la commozione era la stessa di tutti. Ho detto loro che questo progetto cinematografico su Napoli è incompiuto, incompleto, lacunoso. Come del resto dovrebbe essere ogni esperienza artistica, qualora non si ponga di essere definitiva rispetto ad un tema.

Ma quando si parla di Napoli poi… come essere esaustivi? Perentori? Affermativi? Non si può far altro che lasciarsi andare, farsi trasportare dall’onda che questa città è, perdersi nella babele di voci e suoni, farsi rapire dal mistero. Proprio come abbiamo fatto noi per due mesi, abitandola, attraversandola fino a prenderci dentro. Abbiamo percorso chilometri su chilometri, visitato luoghi incantati e nascosti, abbiamo parlato con la gente. Qualcuno si affacciava dai balconi per gridarmi la sua verità, mi venivano incontro anche solo per un attimo, il tempo di una fugace risposta, di un sorriso, di una battuta. Nessuno si è negato alle mie domande: perché Napoli è magica? Dove risiede la sua magia? Le voci si sono mischiate in un coro di aneddoti, racconti, episodi divertenti. Forse la magia sta proprio qui, ho pensato, nelle cose semplici: una giornata di sole, qualcosa di buono da mangiare, qualcuno che ti sorride senza una ragione precisa, due parole scambiate fuori a un basso. Tutto questo racconto era scandito dalle continue offerte di caffè e pastarelle, inviti ad entrare nelle case, richieste di fotografie. 
Nei momenti difficili, è diventato medicina un babà, la canzone di un posteggiatore in strada, la carezza di uno sconosciuto. Ognuno aveva il suo medicamento da propormi
contro i mali del mondo. La stanchezza delle giornate è stata mitigata da questo sentimento di comunità che mi ha accolto e non mi sono mai reso conto che d’improvviso si
faceva sera e la giornata era finita. 
Col passare del tempo, approfondendo l’indagine, la città assumeva ai miei occhi, forme e contorni diversi suscitando umori e sentimenti contrastanti, in un continuo gioco di conflitti ed opposti: una volta era paradiso in terra ma subito dopo ardente inferno, un giorno mi
appariva come l’immagine della spensieratezza ma poi un’ombra malinconica ne velava il sole. E poi ancora la vedevo capitale tra le capitali e d’improvviso esiguo luogo del mondo in cui vivere. Buio e luce. Luce e buio.
Coltivo da sempre il sogno di realizzare un progetto su Napoli, sono cresciuto nel suo mito! Ho costruito attorno alle sue vicende una vera e propria ossessione. Scoprire la
magia di questa eterna città-mondo è il mio omaggio ad un luogo e
ad un popolo che da sempre agitano lamia fantasia di scrittore, di regista, di attore e di uomo! Napoli è per me uno dei più grandi palcoscenici della vita sospeso tra realtà e
rappresentazione, spietata verità e mirabile finzione, una città che ha sempre avuto bisogno di drammatizzare gli eventi per comprenderli, enfatizzando i comportamenti,
cambiando pelle se necessario per non soccombere all’incedere della storia e al cambiamento dei tempi, contrapponendo alla spietata realtà il gioco della messinscena, alla
verità la favola.
C’è chi mi ha detto che Napoli deve assolutamente cambiare per salvarsi, altri sono convinti che deve rimanere così com’è per non essere fagocitata dal presente. Una ragazza dagli occhi dolcissimi mi ha mostrato una foto dei suoi nonni emigrati lontano da ragazzi, lei era belga, per la prima volta a Napoli. Un vecchio signore, facendo un inchino ha sognato che Napoli fosse donna bellissima ed insieme ballavano un tango. Tutti pero, delusi o innamorati, appassionati o critici erano accesi da una luce magica, brillava quando parlavano della città. 
Grazie. A ciascuno di voi. Semmai leggerete questo pezzo vi ricorderete di quando ci siamo incontrati. Grazie per ogni singolo momento di bellezza, per il tempo dedicato, per le parole spese.Per l’accoglienza che mi avete riservato, facendomi sentire figlio, fratello, amante.
Grazie Napoli, per il sole e le nuvole che hai donato al nostro film, per aver accettato ancora una volta che qualcuno provi a capirti, per i segreti che m’hai svelato e che mai
tradirò. Perdona la mia incapacità a tenerti tutta, a saperti mostrare come meriti.
Farò del mio meglio perché nessuno possa definirti, inscriverti, affermare d’averti capita. Passeranno gli anni, sarò vecchio e ancora continuerò a chiedermi del tuo mistero. Ci vuole una vita intera e forse manco basta. 
Ti lascio con le parole di Donna Matilde, con i suoi versi dedicato al mito generatore, anche lei come me e come milioni t’ha voluto bene, t’ha amato: «Parthenope non è
morta, Parthenope non ha tomba. Ella vive, splendida giovane e bella,  da cinquemila anni; corre sui poggi, sulla spiaggia. È lei che renda la nostra città ebbra di luce e folle di colori, è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene … quando vediamo comparire un’ombra bianca allacciata ad un’altra ombra, è lei col suo amante, quando sentiamo nell’aria un suono di parole innamorate è la sua voce che le pronunzia, quando un rumore di baci indistinto, sommesso, ci fa trasalire, sono i baci suoi, quando un fruscio di abiti ci fa fremere è il suo peplo che striscia sull’arena, è lei che fa contorcere di passione, languire ed impallidire d’amore la città, Parthenope, la vergine, la donna, non muore, non ha tomba, è immortale… l’amore”.