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Partiamo da un antefatto. Quella maglia poteva essere di Callejon, Gaetano o Karnezis, la storia sarebbe stata la stessa e la shirt avrebbe fatto il percorso inverso. E siamo certi che quella numero sette è caduta nelle mani del tifoso “sbagliato”, affranto, deluso e non collezionista di magliette. Magari qualche altre tifoso, una volta abbrancata, l’avrebbe tenuta, difesa, indossata anche se sudata. Perchè la maglia di Josè Maria Callejon Bueno al triplice fischio del direttore di gara è sempre bagnata. 

Le statistiche delle stagioni in maglia azzurra, ne confermano l’affidabilità: nella classifica generale dei calciatori partenopei più presenti è già nella top ten, forte di una conformazione fisica che ne ha messo sempre in risalto lo stakanovismo. Se il cadeau del collega Fabian Ruiz è stata ben accetta non è un caso, il clima nel settore ospiti dello “Stirpe” non era affatto in modalità contestazione, quindi l’episodio può essere contestualizzato ad un singolo tifoso, per carità libero di non accettare un regalo del genere, ma non rappresentativo di una situazione generale. Ci sono stati tonfi più rumorosi, a Londra o nel retour match con l’Arsenal, in casa con l’Atalanta e la protesta è stata diretta solo ed esclusivamente verso il presidente De Laurentiis, risparmiando i singoli atleti. 

Nel giorno della matematica qualificazione in Champions League, l’unica italiana in Europa da dieci anni ad acquisire ogni anno il diritto di giocare una coppa internazionale, qualunque contestazione al presidente stonerebbe, ma questa è un’altra storia che dura da quando la società partenopea ha “switchato” verso l’alto mancando quell’ultimo step che la proietterebbe nella storia del club.