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Napoli – Era il camorrista per eccellenza Raffaele Cutolo, fondatore nonché capo della Nuova Camorra Organizzata morto nel reparto sanitario del carcere di Parma, lo stesso dove spirò a fine 2017 Totò Riina, dopo una lunga malattia. Aveva 79 anni ed era il carcerato al 41bis più anziano.

Non si sono fatti attendere i commenti dei concittadini di Cutolo, alla notizia della morte del boss indiscusso della nuova camorra organizzata di Ottaviano, sua città natale, dove vivono ancora la moglie, la figlia, ed altri parenti. ”Tu sì che eri un grande uomo, ti sei fatto la galera con dignità”, si legge in un commento. ”Una vita in carcere, ora spero che tu possa essere in pace”. Commenti che ricordano che il boss non si è mai pentito, e che cozzano con quello del sindaco Luca Capasso, che ha voluto ricordare i morti e le ”ombre” calate su Ottaviano con la Nco. Eppure pare che il ‘professore’ nella cittadina alle falde del Vesuvio, incuta timore anche da morto. Come se ‘quell’ombra’ non fosse mai svanita del tutto.

Negli anni c’è stato chi lo ha ”celebrato”, chi lo ha condannato, ma indiscusso sembra essere ancora il ”rispetto”. La gente, i suoi concittadini, hanno appreso la notizia dai media, condivisa sui social, e non si sono fatte attendere le esternazioni di cordoglio alla famiglia, ”alla sorella Rosetta, al fratello Pasquale”, alla moglie, alla figlia. Qualcuno ha osato criticare le dimostrazioni di ‘dispiacere’, qualche altro ha gioito, commentando con un ”finalmente” ed aggiudicandosi le invettive di tanti che chiedono ”rispetto per la morte”.

”Davanti alla morte di qualsiasi soggetto – si legge tra i tanti commentiseppur sbagliato o miserabile, io porto rispetto. Esiste Dio per giudicare”. E ancora ‘‘esternare veleno di fronte alla morte…l’inferno aspetta anche voi”. Qualche altro invita i cittadini a tenere per sé i commenti, che altrimenti saranno ”cancellati”, ”per rispetto ai familiari”, e chi invoca il silenzio: ”Non si gioisce per la morte di nessuno – scrive una donna – ma neanche si può celebrarlo, il silenzio sarebbe la scelta più intelligente e sensata. Di sicuro con lui moriranno molti segreti di Stato” 

“Cutolo fu boss potente, più di un primo ministro”. Così su Twitter lo scrittore Roberto Saviano ha commentato la morte del boss. “Un potere che lo tenne in carcere tutta la vita; i segreti – che si porta nella tomba – non riuscirono a ricattare il potere politico che l’aveva usato. Uomo violento e disperato partorito da un territorio violento e disperato” conclude lo scrittore.

Raffaele Cutolo era detenuto, ininterrottamente dal 1979, dopo il suo arresto ad Albanella, in provincia di Salerno. Un anno prima era evaso in maniera clamorosa, a colpi di bombe, dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa (Caserta). Soprannominato “o’ professore”, nacque ad Ottaviano, in provincia di Napoli, il 4 novembre del 1941. Nel 1983 sposò Immacolata Jacone, nel corso di un matrimonio celebrato nel carcere dell’Asinara. Lo scorso giugno, il simbolo della criminalità organizzata non solo campana, è tornato alla ribalta delle cronache per la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Bologna di lasciarlo in cella, al 41bis, malgrado le sue condizioni di salute incompatibili con la detenzione carceraria, per la sua pericolosità, rimasta intatta, secondi i giudici malgrado fosse vecchio e malfermo. Cutolo, infatti, non si è mai distaccato dalla mentalità camorristica, non ha mai voluto intraprendere un percorso di collaborazione con la giustizia ed è sempre rimasto fedele alle sue convinzioni. Il suo primo omicidio l’ha commesso per questioni di onore, per difendere la sorella Rosetta dagli apprezzamenti di un giovane del suo paese. Sulla sua vita sono stati scritti miriadi di articoli, libri e sono stati anche girati dei film.