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Napoli – Rischio focolaio di Covid all’ospedale Cardarelli di Napoli. E’questo l’allarme lanciato in un’intervista video a ‘Il Corriere della Sera’.“Non sono stati fatti i tamponi a quelli che hanno avuto a che fare con questi medici né per il personale né per i pazienti a meno che non avessero subito dei chiari sintomi”. Sono le parole di una donna, che non vuole farsi riconoscere, e che lavora nel nosocomio partenopeo da tanti anni, ma ora ha paura: “La primario del pronto soccorso è venuta a lavorare pur non sentendosi bene certo non poteva immaginare di avere il Covid. E appena l’ho scoperto si è messa in isolamento per curarsi e per non contagiare gli altri ma nel frattempo aveva lavorato sodo in reparto e aveva partecipato a delle riunioni. Da qui si è sviluppato il contagio. Nessuno ha pensato di arginare la cosa e nessuno ne parla anzi a un certo punto hanno cominciato a diffondere delle notizie su gli assenteisti forse proprio per non accendere i riflettori su questa storia”.

L’ospedale Cardarelli è il più grande del mezzogiorno. Nei giorni scorsi è scoppiato un focolaio di Covid 19. Nel frattempo è spuntato un documento che viene sottoposto ai pazienti che si recano in ospedale e che di fatto è una sorta di garanzia su eventuali responsabilità per contagi da coronavirus. “Dal momento in cui noi abbiamo avuto notizia che ci sono stati circa 11 colleghi medici affetti da Covid-19, sono stati messi automaticamente in isolamento domiciliare fiduciario per 14 giorni”, spiega Maurizio Cappiello, medico del pronto soccorso e dirigente nazionale di Anaao Assomed. “Ma sono stati fatti i tamponi al restante personale medico? Chi è entrato in contatto con loro, ai pazienti?” chiedo. “Il problema è che i tamponi non sono stati fatti perché le disposizioni ministeriali che risalgono all’inizio del mese di marzo, prevedevano di effettuare il tampone solamente nei casi in cui l’operatore sanitario manifestasse dei sintomi – dice Cappiellocosa che invece è cambiata recentemente perché con una disposizione aziendale, siamo riusciti ad ottenere dopo delle battaglie l’obbligo di effettuare il tampone per tutti, gli operatori sanitari che sono venuti in contatto con soggetti affetti coronavirus sospetto o certificato”.

I soggetti asintomatici o che avevano contratto il coronavirus hanno continuato a lavorare per un certo periodo: “Sì, hanno continuato a lavorare per un motivo molto semplice: perché noi abbiamo ottemperato a quelle che erano le disposizioni governative secondo cui per gli operatori sanitari che non avevano sintomi, non era necessaria la quarantena e 3 e quindi l’isolamento domiciliare fiduciario”.

Dunque i medici hanno continuato a lavorare: “La domanda va posta diversamente – dice Cappielloperché nel momento in cui il medico era consapevole di essere affetto da coronavirus avendo effettuato il tampone, automaticamente si è messo in isolamento domiciliare. Il problema è che noi questo non lo potevamo sapere perché il tampone non era obbligatorio per tutti”. Quindi anche chi è entrato in contatto con questi medici il tampone non lo ha fatto? Cappiello: “Lo ha fatto nel momento in cui ha manifestato dei sintomi”.

La direzione dell’ospedale Cardarelli, contattata più volte e in vari modi da ‘Il Corriere della Sera’ – non ha mai risposto alla richiesta di un’intervista al quotidiano. Nel frattempo al Cardarelli sono stati attrezzati dei reparti dedicati alla cura del coronavirus. “A volte sembra di andare in guerra senza l’attrezzatura – aggiunge Cappiello noi non abbiamo paura di affrontare il problema e di affrontare l’emergenza ma di andare a combattere senza l’adeguata protezione. Purtroppo stiamo scontando 10 anni di commissariamento durante i quali ci sono stati tagli alla sanità che hanno determinato lacrime e sangue per chi cura e per chi è curato. Nel 2010 la sanità campana disponeva di 17 mila posti letto, nel 2020 invece ci sono circa 15 mila posti letto quindi, circa 2.000 posti letto in meno. Una media di 3,2 posti letto ogni 1000 abitanti contro una media nazionale di 3,7. Questi tagli alla sanità hanno determinato le cosiddette migrazioni sanitarie cioè l’esodo delle persone che non trovando posto in Campania, si sono andate a farsi curare in altre regioni. Nel 2018 la regione Campania ha avuto un saldo negativo di 302 milioni di euro spesi quasi tutti in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna”.

“Il problema è che nonostante i fondi in queste regioni, soprattutto in Lombardia stanno lavorando con molta difficoltà – conclude Cappiellose la diffusione in Campania dovesse avere gli stessi numeri di quella lombarda sarebbe una vera tragedia”.

Guarda il relativo video pubblicato dal Corriere della Sera