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Sono alcuni dei “furbetti” di tasse e imposte comunali, commercianti evasori – anche totali – a vario titolo. Dodici attività del settore ristorazione, nel centro di Napoli, sono finite nel mirino degli uffici comunali. Rischiano la decadenza da concessioni di suolo pubblico e licenze commerciali. Non risultano in regola, infatti, col pagamento di Tari, Imu, e Cosap. A volte per poche centinaia di euro, altre per alcune migliaia. In queste settimane si vedranno recapitare una lettera di avviso. Se vorranno evitare la revoca di licenze e concessioni, dovranno saldare il debito col Comune. L’individuazione degli evasori è avvenuta incrociando i dati tra Ufficio entrate e Sportello unico per le attività produttive (Suap). Un’operazione di condivisione prevista da un ordine del giorno, approvato nell’ambito del bilancio previsionale 2023/2025.

A firmarlo, i consiglieri del gruppo Manfredi Sindaco: Gennaro Esposito, Fulvio Fucito, Sergio Colella, Luigi Musto, Walter Savarese d’Atri, Gennaro Demetrio Paipais. Una proposta volta a incrementare le entrate comunali. Ma anzitutto, a spingere sul pedale della riscossione, storico tallone d’Achille dell’amministrazione. Misure varate in contemporanea alla stangata Tari, decisa dalla giunta. Gli aumenti a due cifre, per la tassa sui rifiuti, fanno a pugni con un’evasione alle stelle (63% dei cittadini). Ecco, dunque, il senso dell’ordine del giorno: la necessità di una svolta, nel recupero delle somme dovute. Anche per non penalizzare i contribuenti virtuosi (37%), aggiungendo beffa a danno. Un primo passo è l’avvio dei procedimenti per i commercianti infedeli. Ancora una goccia nel mare, ma potrebbe segnare un’inversione di tendenza. Si tratta di bar, caffè, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, pub. Sono dislocati perlopiù nel centro storico, tra i quartieri San Giuseppe e San Lorenzo. Qualche attività anche a San Ferdinando, nella zona di Santa Lucia. Sono tutte autorizzate ad occupare il suolo pubblico, o in via di autorizzazione. Per installare tavolini e gazebo, talvolta hanno beneficiato delle norme Covid. Quelle previste per aiutare la ripresa del commercio, grazie a cui sono dilagate le occupazioni all’aperto. Ma intanto, le tasse andrebbero comunque pagate.