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Napoli – Nella giornata di ieri il segretario nazionale del Partito Democratico Zingaretti ha dettato la linea per ciò che concerne le prossime elezioni amministrative: ‘autonomia’ dei territori con un occhio attento alla precedente alleanza di governo. Tradotto: l’alleanza con il M5S s’ha da fare. A tutti i livelli.

E sì che a Napoli il tentativo di mettere in piedi una proposta unitaria da parte dei dem e dei grillini è tentativo che va avanti da tempo. Il nodo resta sempre lo stesso: individuare un nome che sia ‘gradito’ a entrambi e che – soprattutto – possa generare un po’ di entusiasmo in un elettorato di centrosinistra che al momento appare quantomeno tiepido.

In questa affannosa ricerca del nome giusto per Palazzo San Giacomo si è inserito un ulteriore elemento: il (costituendo) governo Draghi. La crisi dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha fatto sentire forte il suo effetto per ciò che riguarda l’ipotesi di alleanza giallo – rossa a Napoli: tanti ex ministri equivale a dire tanti ‘nuovi’ pretendenti alla candidatura. Se il nome più gettonato resta ancora quello di Roberto Fico (ma la difficile situazione istituzionale che vive il Paese difficilmente gli farà lasciare la Presidenza della Camera), spuntano i nomi del piddino Enzo Amendola, di qualche nome d’area come quello di Gaetano Manfredi, mentre sul versante grillino restano in campo le ipotesi Costa e (un po’meno) Spatafora. 

In tutto ciò la posizione di Italia Viva non è scontata. I renziani del Golfo dovrebbero faticare non poco per convincere il loro elettorato a sostenere una candidatura a cinque stelle. 

Ad ogni modo sul fronte democratico resta viva – e più che mai vegeta – la ‘corsa parallela’ di Antonio Bassolino. L’ex sindaco di Napoli, forte anche di un consenso diffuso tra la base storica dell’elettorato democratico, giocherà la sua partita fino in fondo. 

Nel contempo sul versante del centrodestra la possibile candidatura di Catello Maresca potrebbe scompaginare il quadro politico. Una candidatura, quella del Pm anticamorra, in grado eventualmente di raccogliere consensi trasversali e di pescare in una fetta di società tradizionalmente orientata verso il centrosinistra.

Al netto di tutto ciò il Pd e il M5S iniziano a caldeggiare l’idea che uno slittamento del voto a settembre potrebbe non essere cosa sgradita. Più tempo per individuare la guida della coalizione, più tempo per provare a ‘disinnescare’ l’operazione Bassolino e sperare in un lento logorìo dell’ipotesi Maresca.