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Uno strato di pietre, regolarmente registrate nella documentazione di viaggio, adagiato sul carico di cocaina per impedire che la droga venisse individuata dai rilevatori a infrarossi utilizzati nei porti per scannerizzare i container: è l’ingegnoso stratagemma utilizzato da Giovanni Fontana per la spedizione di una ingente partita di cocaina, ben 600 kg, in Australia, per conto del narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale.
All’imprenditore Giovanni Fontana (titolare di una società di porfido), ritenuto legato alla fazione Zagaria della mafia casalese, oggi, i carabinieri del NOE e i finanzieri del Nucleo PEF di Napoli hanno notificato un maxi sequestro da 54,6 milioni di euro che ha riguardato anche il fratello Michele.
L’espediente delle pietre però si rivelò vano in quanto, secondo quanto reso noto dallo stesso Imperiale, quel carico a destinazione, cioé in Australia, non c’è mai arrivato. La sorte di quell’imponente carico di sostanza stupefacente, che avrebbe fruttato decine e decine di milioni di euro, è peraltro avvolta nel mistero. Secondo quanto emerso dall’attività investigativa coordinata dalla DDA, Fontana avrebbe trasferito ingenti carichi di stupefacenti, anche per complessive sette tonnellate di cocaina, dal 2008 fino a oggi, fatta eccezione per un intervallo di 6-7 anni che va dal 2010 al 2017. E per queste spedizioni Imperiale avrebbe pagato oltre 7 milioni di euro a Fontana.
Gli investigatori hanno utilizzato come base per i loro accertamenti le conversazioni e il materiale fotografico transitato in forma criptata sulle piattaforme di comunicazione Eurochat e Sky ECC – intercettate su disposizione dell’autorità giudiziaria francese (prima Lille e poi Parigi) e poi decodificate – nel quale compare anche l’imprenditore Giovanni Fontana. Dopo essere entrato in rapporti più stretti, Imperiale coinvolse Fontana in altre due operazioni ancora più imponenti, ben sei tonnellate di “coca” dal Brasile: 2,5 tonnellate per conto degli scissionisti del clan Amato Pagano e un secondo carico da 3,5 tonnellate tenuto nascosto allo stesso clan. E per questi lavori l’imprenditore percepì da Imperiale sei milioni di euro in due tranches.