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Napoli – Quando capirono che avevano esagerato e che quell’uomo di 42 anni poteva morire il clan riuscì a far calare sulla vicenda il silenzio totale. Quando sei mesi dopo Raffaelle Iannaccone morì quel silenzio divenne omertà. Nessuno aveva visto né sentito nulla fino a quando altri camorristi hanno deciso di parlare, pentendosi, e facendo i nomi di tre assassini del clan Terracciano dei quartieri spagnoli finiti in galera dopo 12 anni dal brutale pestaggio avvenuto in via Toledo a Napoli. La vittima era il titolare di un pub e si era messo nei guai contraendo un debito con alcune donne legate alla camorra che mandarono i propri scagnozzi a dare una lezione a Lello, che fu ucciso da Francesco Terracciano, Edoardo Terracciano e Salvatore Equabile, tutti cugini tra loro. “Fu ucciso a mani nude a calci, pugni e bastoni. Qualcuno mi disse che usarono anche una sedia di ferro, volevano proprio sfondargli la testa”. Una ricostruzione drammatica quella di Carmine Martusciello, ex trafficante di droga e poi passato con lo Stato. “Appartenevo ai Di Biasi, il clan avversario ai Terracciano e quando ci fu l’omicidio partimmo con una indagine interna clan Di Biasi avviò un’indagine interna alla camorra dei quartieri spagnoli per “conoscere gli autori e i motivi della feroce aggressione, avvenuta con l’uso di mazze da baseball”. Così invece Vincenzo Gallozzi, ex affiliato ai Di Biasi, ha raccontato ai pm antimafia come il gruppo di malavita seppe i nomi degli autori dell’omicidio di Raffaele Iannaccone. Oggi i tre saranno interrogati dal giudice.