- Pubblicità -
Tempo di lettura: 2 minuti

Napoli – “Basta poco, anche un solo attimo e ritorno col pensiero a quel giorno, a quei momenti. Erano attimi di incapacità a reagire di fronte la brutalità e la supremazia di tre corpi. Attimi in cui la mente sembrava come incapace di comprendere, di totale perdizione dell’essere. E dopo che il corpo era diventato scarto e oggetto, ho provato una sorta di distacco da esso. Il mio corpo, sede della mia anima, così sporco“. È una lettera lunga quella che la 24enne di Portici (Napoli), presunta vittima di una violenza sessuale, ha scritto al suo avvocato Maurizio Capozzo, dopo la scarcerazione di due dei suoi presunti violentatori. “Mi sembrava di essere avvolta dalla nebbia mentre mi trascinavo su quella panchina dopo quelli che saranno stati 7 o 8 minuti. Sono uscita di casa la prima volta dopo 15 giorni. Poi mi sono seduta e non l’ho avvertito più. Ho cominciato ad odiarlo e poi a provare una profonda compassione per il mio essere. Compassione che ancora oggi mi accompagna, unita ad una sensazione di rabbia impotente, unita al rammarico, allo sdegno, allo sporco, al rifiuto e poi all’accettazione di un corpo che fatico a riconoscere perché calpestato nella sua purezza“, ha scritto. “Il futuro diviene una sorta di clessidra. Consumato il corpo e la mente dal tempo odierno ricerca una vita semplice. Mi piacerebbe essere a capo di un’associazione che si occupa della prevenzione, della tutela e della salvaguardia delle donne, ragazze, bambine a rischio, perché donare se stessi e il proprio vissuto per gli altri è l’unico modo per accettarlo“, conclude.