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Probabilmente nemmeno sua moglie, quando gli disse “ti candidi?! Ma chi te lo fa fare?” (come lui stesso va raccontando) avrebbe mai immaginato che 4 mesi prima delle elezioni Catello Maresca fosse già così provato. E non per via del caldo africano di questi giorni. In questo caso, infatti, potrebbe valere il detto mal comune, mezzo gaudio.

No: chi ha parlato con l’ex pm della Dda, in questi giorni, lo descrive finanche un pò sconfortato. Per due ragioni, entrambe estranee alle condizioni meteo. La prima: tra le mani ha sondaggi uno più brutto dell’altro. Sondaggi, in pratica, che bocciano tutta la strategia che aveva pensato per il suo debutto in politica.

La seconda: attorno a sé, anziché una coalizione composta da civici e partiti di centrodestra, Maresca vede solo due bande. Ad oggi, l’una contro l’altra armata. 

E quindi: salvate il candidato Maresca.

Il quale pensava di poter rompere gli schemi, di poter contare su una popolarità altissima in città, un pò alla De Magistris 10 anni fa. Quando colui il quale sarebbe diventato il sindaco che “scassava” fece irruzione sulla scena politica napoletana con un’autostrada avanti apertagli, oltre che dai partiti terremotati da faide interne, dalle sue continue ospitate in tv nelle vesti di pm d’assalto.

“Ecco l’errore – ragiona uno della cerchia più stretta di Marescasi è creduto già personaggio, già figura super riconosciuta e super apprezzata dai napoletani. Invece, non è così. De Magistris, anche in tv, è De Magistris. Il Masaniello, soprattutto all’epoca, quando la magistratura godeva ancora di un certo tasso di fiducia tra gli italiani, lo sapeva fare davvero. Maresca, in tempi di scandali con Palamara e compagnia bella, è Maresca”.

Non propriamente un capopopolo: i sondaggi sono impietosi. Tutti, anche quelli che sono stati resi noti, rimarcano finanche un gap tra il suo tasso di popolarità (che misura da quanti, in percentuale, è conosciuto) e il suo tasso di fiducia (quanti, in percentuale, tra chi lo conosce, gli affiderebbe le chiavi di casa). Sarebbe dovuto essere il suo punto forte. Ma non è così.

E quindi: se andasse da solo affidandosi unicamente alla sua parte civica, “fottendosene” davvero dei partiti, i sondaggi lo inchiodano a percentuali a una cifra. L’indagine demoscopica svelata sabato da Tecnè lo dà all’8%. Gli altri riservati che maneggia il candidato in queste ore lo danno più o meno sullo stesso numero.

“Risultato di una strategia sbagliata”, ripete qualcuno. 

Di certo, l’imbarcata di ex demagistriani non aiuta di certo la causa. L’ultimo post di Francesco Chirico che annunciava ironicamente “il suicidio” dopo le critiche piovutagli dai partiti de centrodestra, la dice lunga.  

Per non parlare della notizia fatta trapelare ieri dell’imminente accordo con Alessandra Clemente. Solo un tentativo dei civici di Maresca di blindarlo, facendogli svanire ogni pensiero di accordo col centrodestra.

Invece. Anche oggi il candidato è preso dai tormenti: nelle ultime ore, starebbe di nuovo maturando la consapevolezza che, se vuole essere competitivo, non può rinunciare all’apporto di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. 

Dopo le parole di addio del coordinamento cittadino dei berlusconiani, c’è chi lo descrive di nuovo alla ricerca di un contatto con i vertici nazionali: Antonio Tajani e Licia Ronzulli. Ma, a questo punto, ci sarebbe un’intera strategia da ripensare. Ci sarebbe, come ha dichiarato Stefano Caldoro, da prendere “ago e filo per ricucire”. 

Operazione, giorno dopo giorno, oggettivamente, sempre più difficile: perché i suoi civici gli fanno continuamente presente che se dovesse dare la mano a Berlusconi, Salvini e Meloni, sarebbero loro a mollarlo. Tant’è che Alessandro Nardi già da giorni è sostanzialmente fermo nella composizione delle liste. E perché il centrodestra, in ogni caso, con Sergio Rastrelli o con Raffaele Calabrò, tanto più con Giorgia Meloni capolista, è convinto che non partirebbe proprio da zero. Senza dire che il tempo, per chi comunque deve preservare degli equilibri nazionali, comincia a stringere davvero.