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È una prima vittoria dei movimenti per il mare libero a Napoli, da tempo in lotta contro le limitazioni all’accesso degli arenili. Il Tar Campania (settima sezione) ha demolito l’ordinanza dell’Autorità Portuale 83/2022: il provvedimento dispone da ottobre a giugno la chiusura del varco alla spiaggia libera di Donn’Anna a Posillipo. Ma i principi richiamati dalla sentenza potrebbero colpire altre decisioni, come quella sul numero chiuso nelle spiagge pubbliche. Per verificarsi ciò, tuttavia, servirebbe un ulteriore ricorso. E trattandosi di un’ordinanza emessa a fine maggio, la scadenza termini per ricorrere  – 60 giorni – sarebbe molto vicina. La sentenza del Tar però non intacca un altro capitolo: l’affidamento alla società Bagno Elena del cancello di ferro, regolante l’accesso al varco, nei mesi di luglio, agosto e settembre. “Infatti i ricorrenti – spiega il Tar – benché lamentino un ‘conflitto d’interessi’ in capo alla società Bagno Elena, non allegano in realtà nessuna circostanza lesiva dei loro interessi che derivi dal comportamento di tale società, piuttosto che direttamente dal contenuto prescrittivo dei provvedimenti impugnati”.
A ricorrere sono stati il Coordinamento Nazionale Mare Libero e Legambiente (assistiti dall’avvocato Bruno De Maria).  Il ricorso scaturisce, “in particolare – si legge nella sentenza -, dall’intento di ‘denunciare le difficoltà e gli ostacoli che si frappongono ad un accesso davvero libero e gratuito per tutti al tratto balneabile del litorale di Napoli’ e di sindacare ‘le modalità di gestione del varco di accesso alla spiaggia pubblica del litorale di Posillipo compresa tra Palazzo Donn’Anna e lo stabilimento balneare denominato “Bagno Ideal”‘”. Nel motivare la decisione, il Tar fissa alcuni paletti. Ossia ricorda norme imperative e orientamenti giurisprudenziali. Disposizioni secondo cui le Regioni, tra l’altro, devono “individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al fine di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione”. Oppure l’esigenza – chiarita dalle sezioni unite della Cassazione di “‘guardare’ al tema dei beni pubblici oltre una visione prettamente patrimoniale – proprietaria per approdare ad una prospettiva personale – collettivistica“.
Da qui potrebbero partire altri ricorsi. Nel mirino finirebbero i provvedimenti sul numero chiuso, varati per ragioni di ordine pubblico. Ma, di fatto, prorogando quanto vigeva in era Covid, periodo segnato da misure eccezionali. Al momento, tuttavia, sono solo congetture. Per adesso gli attivisti incassano l’annullamento di quest’ordinanza dell’anno scorso. Il Tar bacchetta: l’Autorità Portuale si è basata su una circolare del Comune, relativa alla “sicurezza della installazione delle strutture stagionali amovibili a servizio delle concessioni demaniali marittime, nell’imminenza della fase apicale della stagione”. Tuttavia “la circolare non si occupa del godimento delle fasce costiere destinate a spiaggia libera”. Ne consegue che “l’Autorità Portuale si avvale dei contenuti della circolare per giustificare una decisione (…) dal contenuto del tutto diverso, vale a dire la chiusura per nove mesi l’anno della spiaggia libera”. E per di più “presa a rimedio di una condizione pure diversa, di ‘completo degrado ambientale”. In sostanza: “Presenza di numerose siringhe, rappresentanti gravissimo pericolo per coloro che accedono in loco'”. Inoltre, l’Autorità Portuale non ha neppure “fornito prova del paventato rischio idrogeologico”. Fine del primo round.