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Fra storia e letteratura, musica e arte, poesia e filosofia, “Malinconia Barocca” (Neri Pozza, Euro 14,50), il nuovo saggio dello storico Aurelio Musi, accompagna il lettore al cuore del Barocco, l’epoca dell’horror vacui, tenendo come stella polare il suo sentimento guida: la malinconia. Attraversando ogni campo della storia artistica e intellettuale europea, Musi si cimenta in un particolare tipo di ritratto, forse il piú difficile: quello di un’epoca, un momento storico denso di conflitti e di umanità, marchiato dalla tensione irresistibile fra caducità e sogno. Molto si è detto del Barocco. Che fosse un’epoca di decadenza, di teatralità futile e vana, di ornamento privo di sostanza. Quello che registra invece Aurelio Musi, ex preside della facoltà di Scienze Politiche nell’Università di Salerno, è come il Barocco sia stato soprattutto un’epoca di conflittualità, drammatica e lacerante; di mutamenti e di naufragio, nelle cose del mondo e nella vita psichica dei suoi abitanti; di sospensione, incompiuto e alienazione: e in questo forse risiede la grande attualità di un periodo situato direttamente alle radici della modernità. Ma, soprattutto, fu un’epoca di malinconia, in cui l’amore per la vita fu sempre segnato da un profondo istinto di morte. E, nelle parole dell’autore, «La malinconia e le storie di malinconici e malinconiche ne riassumono il senso, quasi come microcosmo che ricapitola il macrocosmo. La malinconia è il disordine che cerca la via dell’ordine, ne ritma l’intervallo e il percorso. È l’instabile equilibrio tra inganno e verità».

L’anima malinconica del secolo si esplica cosí attraverso opere immortali della letteratura come il Don Chisciotte di Cervantes o La vida es sueño di Calderón de la Barca, cosí come si trova intatta nell’alternanza fra armonia e contrappunto tipica della musica del periodo, fatta di cromatismi, polifonie, canoni e imitazioni. Attraversando ogni campo della storia artistica e intellettuale europea Aurelio Musi si cimenta in un particolare tipo di ritratto, forse il piú difficile: quello di un’epoca, un momento storico denso di conflitti e di umanità, marchiato dalla tensione irresistibile fra caducità e sogno. Al concetto di Barocco non è toccata in sorte la stessa fortuna toccata a Rinascimento o Illuminismo, perché, a differenza degli altri due concetti, la parola non evoca immediatamente la cosa che vuole rappresentare. Confusa ne è l’origine: alcuni pensano a barrueco, parola spagnola che indica una pietra dalle forme irregolari, altri a una figura retorica chiamata baroco. La storia del concetto attraversa una prima fase, risalente a fine Settecento, allorché teorici e storici dell’arte, soprattutto neoclassici, bollano come cadute estetiche, valori negativi tutte le espressioni della cultura della prima metà del Seicento (Borromini in architettura, Bernini in scultura, Giambattista Marino in poesia per fare qualche nome rappresentativo); una seconda fase, quella tardo ottocentesca, in cui la critica letteraria italiana, da De Sanctis a Croce, vede nell’età barocca una crisi dei valori estetici, morali, politici, civili, mentre in altre aree si comincia a riflettere sulla particolare immagine del mondo espressa nel Seicento; una terza fase, che si inaugura allorché nella ricerca storica e nel dibattito storiografico si va gradualmente superando la visione del Seicento come età di decadenza, come uno dei secoli bui della storia dell’umanità, e si va meglio definendo il suo carattere di età di transizione dal Rinascimento all’Illuminismo. Oggi il termine, usato anche al di là del suo significato strettamente storico artistico, ha finito per assumere la pari dignità rispetto a concetti quali Rinascimento o Illuminismo. Barocco vuole offrire una connotazione generale, culturale nel senso più completo, dell’epoca storica compresa fra il tardo Rinascimento e le prime espressioni dell’Illuminismo.