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La fragilità del sottosuolo napoletano, oggi come ieri. Dal passato riemerge un episodio emblematico, a tratti incredibile. A Fuorigrotta, un distributore di benzina sprofondato nel terreno. E adesso, 35 anni dopo, è ancora tombato lì. Una storia, viene da dire, seppellita dal tempo. “Nel 1989 stavamo ristrutturando l’allora Stadio San Paolo per i mondiali ’90” ricorda l’architetto Antimo Di Martino, oggi anche tecnico della rete sociale No Box – Diritto alla Città. Era l’epoca d’oro del Napoli di Maradona. Il restyling fu studiato per non chiudere l’impianto, durante i lunghi lavori. L’imperativo era di non “interrompere la marcia trionfale del Napoli” sottolinea l’architetto, impegnato nel progetto.

Ma una notte accadde l’imprevisto. “Chiamò l’ingegner Marino Brancaccio, Presidente del Consorzio Na.Mon.90″ spiega Di Martino. Si era infatti “aperta un’enorme voragine a via Cintia, tra l’ingresso alla tangenziale di Fuorigrotta e via Terracina“. Nel maxi dissesto “fu inghiottito un intero distributore di carburanti, colonnine di distribuzione, casotto, serbatoi sotterranei”. Roba da strabuzzare gli occhi. La causa? “Una copiosa e continua perdita del collettore fognario che proveniva dai Camaldoli e, passando sotto via Claudio, affianco e tra lo stadio San Paolo ed il biennio della facoltà di ingegneria, proseguiva verso Bagnoli”. Un problema non da poco, in un’area interessata dal cantiere San Paolo. Ma vi fu subito posto rimedio. “Davanti ad una simile enorme emergenza – racconta Di Martino – fu quindi individuata la causa, riparata per prima cosa”. Poi “si realizzò il riempimento della voragine”.

A tanti lustri di distanza, è avvenuto qualcosa di analogo. Parliamo del crollo del 21 febbraio scorso, al Vomero. Di Martino però si chiede se uguali siano state le contromisure. Ossia “eliminare la causa”, prima di procedere al riempimento. I dubbi nascono dal nuovo incidente del 9 marzo. Un rottura delle fogne, secondo l’analisi dell’Abc, l’azienda comunale di gestione del servizio idrico. “Mi sembra chiaro che – sostiene l’architetto – si sia voluto correre a dire che la situazione fosse sotto controllo, purtroppo, a quanto vedo, senza di fatto averla”. Il tecnico ipotizza una prevalenza del “timing della pubblicità sul ripristino rapido dello stato dei luoghi a via Morghen e via Solimena”. La scelta sarebbe stata “evidentemente più stringente della corretta necessità di analizzare, valutare e decidere cosa fosse più giusto fare nell’interesse della Città”. Nell’auspicio di avere davvero chiarezza nei prossimi giorni.