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di Marina Cappitti

Napoli – Il partito l’aveva scelta per contrastare Luigi de Magistris alle elezioni comunali. Poi dopo la sconfitta perché restasse, facendo da deputata la spola tra Roma e Napoli, comunque tra i banchi del Consiglio comunale a fargli opposizione.

Quello stesso partito che ora col sindaco ci scende a patti. La senatrice Pd, Valeria Valente dice la sua sull’emendamento Salva de Magistris targato Pd-M5S, anticipato nei giorni scorsi da Anteprima24 ed ora sul tavolo della Commissione Bilancio alla Camera.

Non ci sta e definisce il provvedimento una “scelta davvero sciagurata per Napoli”. Ricorda che come nel 2018 con l’arrivo in Parlamento del decreto Milleproroghe, “si ripropone puntuale anche quest’anno la richiesta da parte dell’amministrazione de Magistris di una norma ad hoc per scavalcare le censure della Corte dei Conti alla sua fallimentare gestione finanziaria”. Ed esattamente come allora “il sindaco ha mobilitato il suo staff alla ricerca affannosa di qualche altro comune che possa beneficiare di queste norme in modo da non farle apparire come un salva-Dema, ma ormai il gioco è scoperto”. Perché nessun altro Comune – spiega Valente – ha ricevuto già oltre un miliardo di prestiti dallo Stato. Una cifra “senza precedenti nella storia d’ Italia. Parliamo di una somma pari a tutte le entrate correnti del Comune”.

Il gioco è “ricattare le forze politiche presenti in Parlamento” affinché, per evitare la procedura di dissesto, salvino de Magistris e i suoi collaboratori “dall’onta di aver procurato il fallimento dell’ente e dalle pesanti sanzioni che ciò comporta“. Una motivazione che non regge più: “a causa delle condizioni disastrose in cui l’amministrazione ha ridotto la città e degli ormai inesistenti margini di manovra sul bilancio per garantire i servizi minimi ai cittadini, il dissesto finanziario presenta ormai più opportunità che controindicazioni per i napoletani”.

Ovvero: già massimi i livelli di tassazione consentiti, servizi pubblici in larga parte cancellati e un debito da scontare per i prossimi 30 anni. “Il dissesto sarebbe invece esiziale per gli attuali amministratori della città che rischierebbero l’incandidabilità a cariche pubbliche per gli anni a venire e di dover risarcire i danni erariali prodotti”. Ecco perché per la senatrice Pd l’emendamento presentato in Parlamento “appare gravato, almeno, da profili di preoccupante scorrettezza istituzionale” ricordando l’ “emendamento Grassi”, approvato nell’estate 2018 dda M5S e Lega. E “su cui vi fu addirittura una censura esplicita della magistratura. Anche questo provvedimento non interviene a colmare un vuoto normativo determinatosi dopo la sentenza della Consulta del mese scorso, ma di fatto entra a gamba tesa su un procedimento in corso della Corte dei Conti”.

Stessa cosa però con il governo Gentiloni a maggioranza Pd nel 2017. “Ciò è assolutamente vero e io, allora deputata, ne fui una delle promotrici – spiega -. Si trattava tuttavia di un provvedimento esattamente opposto rispetto ai pasticci proposti successivamente. Allora ai comuni in pre-dissesto venne offerta l’occasione di una rimodulazione seria e motivata dei piani di riequilibrio finanziario pluriennale”. “Si consentiva, ad esempio – aggiunge – ai comuni virtuosi di uscire dalla procedura molto prima dei dieci anni, ma nello stesso tempo, non si dava scampo a quelle amministrazioni che, come il Comune di Napoli, per anni avevano scherzato col fuoco sulla pelle dei cittadini aumentando anziché riducendo il disavanzo”. “I miei dubbi oggi sono ancora più forti di quelli di allora” conclude la parlamentare democratica chiedendo di valutare “con attenzione una scelta che potrebbe rivelarsi davvero sciagurata per la città”.