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È il Rettore dell’Universitá degli Studi del Sannio, Gerardo Canfora, a commentare il rapporto DESI del 2021, commentandolo attraverso la sua pagina Facebook.
Secondo il numero uno dell’Ateneo sannita: “È stato recentemente pubblicato il rapporto #DESIeu 2021, che fotografa il livello di digitalizzazione dei Paesi Europei, ed ho letto sulla stampa cose del tipo “L’Italia sale di 5 posizioni …” e “passo in avanti …”. Vediamo i fatti, leggendo i dati del rapporto, disponibile al seguente indirizzo: https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/desi.

Nella valutazione generale l’Italia è ventesima su ventisette Paesi valutati, con indici ben al di sotto della media EU. Lo scorso anno eravamo venticinquesimi, ma i Paesi valutati erano 28, prima dell’uscita UK dall’Unione.

L’indice si compone di quattro aree tematiche: connettività, livello di integrazione delle tecnologie, servizi digitali della PA, competenze e capitale umano. Su tutte queste aree, l’Italia è in ritardo, tranne per il livello di integrazione delle tecnologie, per cui siamo in decima posizione. L’area in cui il ritardo appare più evidente è l’area delle competenze digitali, dove in nostro Paese si colloca in terzultima posizione.

Rispetto alla media dei Paesi Europei, il livello di competenze digitali rimane molto basso. Il 42% dei cittadini italiani possiede competenze digitali di base, contro una percentuale in Europa del 56%. Basso anche il numero di cittadini con competenze superiori, il 22% contro il 31% della media EU. Infine, la percentuale di specialisti ICT del 3,6 % dell’occupazione totale, mentre la media in Ue del 4,3. Anche sulle scelte degli studi universitari le discipline ICT vanno a rilento, con il 1,3% dei laureati a fronte di una media EU del 3,9.

Ci sono ancora troppe persone nel nostro Paese convinte che la digitalizzazione sia un fatto per specialisti, che riguarda solo ingegneri e tecnici. Non è così! Il digitale, oggi, è strumento di fondamentale importanza non solo per la competitività economica del Paese e dei territori, ma soprattutto per costruire comunità inclusive, per favorire l’avvicinamento dei servizi ai cittadini, per promuovere una cittadinanza attiva e consapevole, per avere città più intelligenti e sostenibili, per combattere la tendenza allo spopolamento e alla desertificazione che affligge porzioni importanti del Paese.

Dobbiamo, tutti insieme, dalla Scuola all’Università, fare uno sforzo per migliorare la consapevolezza della centralità del “pensare digitale” facendone una componente strutturale di ogni processo educativo, indipendentemente dalle specifiche discipline di studio. Abbiamo bisogno di più specialisti; dobbiamo lavorare a creare le condizioni perché un numero maggiore di giovani si avvicini alle cosiddette discipline STEM (acronimo di Science, Technology, Engineering and Mathematics). E abbiamo bisogno di più cultura del digitale per tutti i cittadini e in tutte professioni; dobbiamo lavorare per una maggiore integrazione tra le tematiche e gli obiettivi specifici dei diversi percorsi di studio e le competenze digitali, superando l’idea che la formazione digitale per i non specialisti del settore possa ridursi all’uso pedissequo, e spesso imitativo, di qualche specifica applicazione.

Una sfida importante, perché, se non supportata adeguatamente da competenze specifiche e cultura condivisa, trasformazione digitale rischia di rimanere una grande incompiuta.