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Tempi duri per gli abbracci e i gesti d’affetto. Una volta terminato il lockdown abbiamo dovuto fare i conti con il distanziamento sociale. Sconsigliate persino le strette di mano, figuriamoci il resto. Eppure, quello che si pensava fosse un duro colpo per le relazioni umane è stato colmato da una piacevole riscoperta: camminare.

Tra le diverse opinioni in merito presenti sul web, a colpirmi è stata quella di Amy Flaming, giornalista del Guardian. Partendo dai benefici fisici, con l’illustrazione delle regole per una camminata perfetta, la Flaming ha dirottato l’analisi su quelli psicologici, evidenziando che tenere lo stesso passo di un amico può essere edificante per il miglioramento della connessione sociale. “Camminare al passo – scrive – è praticamente un abbraccio fisicamente distante”.

Un pensiero che in molti tra i lettori percepiranno come veritiero, specialmente in giorni in cui gli angoli delle nostre città sono setacciati al millimetro. Lo sguardo si sposta su dettagli prima d’ora trascurati, la mente muta il suo status passando da passiva ad analitica. Ne giova, poi, la creatività. Il suggerimento è quello di portare un problema in cammino. Se si ha un dubbio, una perplessità, un’idea da sviluppare, meglio pensarci in movimento. Perché viaggiare a un ritmo confortevole, senza sforzi eccessivi, rende fertile il campo del pensiero. E quando l’intuizione arriva, magari, è bene registrarla per poi approfondirla una volta a casa.

Piccoli consigli per sfruttare l’emergenza ribaltandone la natura. Ci avevano detto che in ogni caso il virus avrebbe disintegrato i rapporti, ma la realtà è che ci vede nuovamente esploratori. Il mondo è il solito, ma ora ha tutt’altro valore. I vicoli, i sentieri, i percorsi, persino le mura periferiche, non sono più collegamenti ma luoghi dell’anima. E le persone si mostrano per ciò che sono, senza bisogno di apparire né paura di fingere. Il riscatto della verità.