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Il ministro della Pubblica Istruzione, Lucia Azzolina, l’ha ripetuto più volte: non ci sarà nessun 6 politico: i ragazzi saranno valutati con voti finali corrispondenti all’impegno dimostrato durante l’anno e nella didattica a distanza. Vale a dire, alla fine di questo anno scolastico così particolare, in pagella potrebbero comparire i 4 e i 5. Eppure, i docenti italiani delle scuole superiori sono disorientati: come faranno a dare insufficienze a studenti che hanno potuto frequentare solo per metà dell’anno scolastico, e poi sono stati costretti a ricorrere alla didattica a distanza?

Ogni istituto ha un PTOF (piano triennale dell’offerta formativa), dentro cui si esplicitano le tipologie di verifica e le griglie di valutazione. Sono attività concordate dai Dipartimenti, e dal Collegio dei docenti. Per ciascuna di esse esistono criteri precisi, letti e approvati dai genitori che a quell’istituto, sulla base di quel determinato Piano, hanno iscritto i propri figli. E’ chiaro che nel bel mezzo di un anno scolastico, con una tragedia in atto, tali modalità non sono realizzabili. Dunque, le valutazioni non dovrebbero essere possibili. E’per questo che da qualche giorno Dirigenti scolastici e docenti stanno cercando di correre ai ripari, modificando le griglie e le tipologie delle verifiche, ma possono agire solo tramite lo strumento del Collegio dei docenti, difficilmente convocabile, o le riunioni di Dipartimento. E, in ogni caso, le decisioni non possono essere sottoposte alla condivisione dell’utenza, che si troverà di fronte al fatto compito. Si capisce come tutto questo determinerà una notevole serie di anomalie giuridiche.

Chiaro e semplice. Per questo si fa fatica a capire cosa abbia in mente il ministro Azzolina quando afferma che “in pagella andranno anche le insufficienze”.  Senza contare che, al di là delle dichiarazioni rilasciate durante le interviste, nessun decreto ulteriore e nessuna ordinanza ha chiarito la questione delle valutazioni. Ecco il dubbio dei docenti: come si porta vanti uno scrutinio, visto che è stato ribadito più volte che la valutazione della didattica a distanza deve essere formativa e non deve esprimersi nei voti, ma solo nell’indicazione dei livelli di competenza raggiunti. Se realmente in pagella verranno registrate delle insufficienze,  la scuola sarà travolta da una pioggia di ricorsi,  che  potranno subentrare anche per le altre fasce di valutazione che, nelle terze e quarte classi della secondaria superiore, preludono all’attribuzione del Credito Scolastico, finalizzato a costruire parte del voto di diploma.

Questo lo sa ogni insegnante. Strano lo ignori il Ministro. A questo punto, o dal ministero vengono forniti degli strumenti normativi per cui la valutazione finale in voti della didattica a distanza viene ufficialmente riconosciuta – ma, in questo caso, dovrebbero essere indicate e garantite in tutto il territorio nazionale delle prove definite, che non possono prevedere, ad esempio, che un minore stia con una webcam puntata addosso per tutto il tempo necessario al completamento di una verifica -; oppure si ammettono tutti all’anno successivo senza voti, e si rimanda la definizione del credito scolastico, dove necessario, alla fine del primo quadrimestre del prossimo anno, limitandosi, per l’anno in corso, a definire i livelli di competenze ( raggiunti o non raggiunti).