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I carabinieri del Ros, con il supporto in fase esecutiva dei comandi provinciali di Ancona, Reggio Calabria, Catanzaro, Brescia, Napoli, Torino, Pesaro, Vibo Valentia e del Gruppo intervento speciale (Gis), stanno eseguendo due provvedimenti di fermo emessi dalle Dda di Ancona e Reggio Calabria. Destinatari dei provvedimenti sono quattro soggetti indiziati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, omicidio e detenzione illegale di armi, reati questi ultimi aggravati dall’aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta.

 Hanno atteso 15 anni per vendicarsi di colui che, ai loro occhi, li aveva traditi e lo hanno fatto uccidendogli un fratello. E’ questa la chiave di lettura, secondo i pm delle Dda di Reggio Calabria ed Ancona, dell’omicidio di Marcello Bruzzese, ucciso il 25 dicembre 2018 a Pesaro. I sicari lo trovarono nonostante vivesse in una località protetta perché fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese. Ed era proprio quest’ultimo, secondo l’accusa, che i Crea volevano colpire con una vendetta trasversale. Girolamo Bruzzese agli occhi dei boss era colpevole due volte: era collaboratore di giustizia ma, soprattutto, lo era diventato nel 2003 pochi mesi dopo avere attentato alla vita del boss Teodoro Crea. Stamani, a conclusione di un’inchiesta condotta dal Ros dei Carabinieri, sono state sottoposte a fermo 4 persone in esecuzione di due provvedimenti, uno della Dda reggina ed uno di quella di Ancona, accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, porto e detenzione illegale di armi, reati questi ultimi aggravati dall’aver commesso i fatti al fine di agevolare la ‘ndrangheta.

Gli indagati, secondo quanto ricostruito dal Ros, prima di entrare in azione, hanno compiuto minuziosi e ripetuti sopralluoghi per studiare le abitudini della vittima, adottando documenti falsi e una serie di accorgimenti per impedire la propria identificazione, hanno monitorato anche i fratelli di Marcello Bruzzese e, per ultimo, hanno tentato di contattare sul web, tramite falsi account, Girolamo Bruzzese. Le indagini sono state avviate dalla Dda di Ancona dopo l’omicidio di Bruzzese. Le indagini del Ros hanno consentito di identificare Michelangelo Tripodi che, assieme ad altri due indagati, Rocco Versace e Francesco Candiloro, fermati dalla Dda di Ancona, è ritenuto uno degli organizzatori ed esecutori materiali del delitto. Le indagini a Reggio, coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal pm Francesco Ponzetta, in sinergia con la Dda di Ancona, hanno completato il quadro collocando Tripodi nel contesto mafioso calabrese. Raggiunto dal fermo della Dda di Reggio, l’indagato è ritenuto uomo di fiducia di Domenico Crea di 39 anni, esponente di vertice della cosca di Rizziconi. L’altro fermato dalla Procura di Reggio è Vincenzo Larosa.

Secondo gli inquirenti, i fermati stavano pianificando più omicidi nell’interesse di Domenico Crea, anche come ritorsione per la sentenza emessa nel dicembre 2020 dalla Corte di appello di Reggio Calabria che ha condannato il boss Teodoro Crea, il figlio Giuseppe e Antonio Crea. Nelle intercettazioni si fa riferimento a progetti di attentati con il bazooka o con esplosivo che sarebbe servito per far saltare in aria un’auto blindata. Contestualmente alle Procure di Reggio e Ancona, la Dda di Brescia ha emesso altri provvedimenti precautelari che riguardano lo stesso contesto investigativo. I tre uffici giudiziari sono stati coordinati dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. (ANSA).