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La crescita dell’economia meridionale nel triennio 2015-2017 ha solo parzialmente recuperato il patrimonio economico e anche sociale disperso dalla crisi nel Sud. Ripresa trainata dagli investimenti privati, manca il contributo della spesa pubblica. Forte disomogeneità tra le regioni del Mezzogiorno: nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania registrano il più alto tasso di sviluppo. Più occupazione ma debole e precaria. L’ampliamento del disagio sociale, tra famiglie in povertà assoluta e lavoratori poveri. Nuovo dualismo demografico: meno giovani, meno Sud. La limitazione dei diritti di cittadinanza, il divario nei servizi pubblici”.

Questi i principali contenuti delle Anticipazioni al Rapporto SVIMEZ 2018, presentato stamane presso la sede di via di Porta Pinciana 6 a Roma, presente il Ministro per il Sud Barbara Lezzi.

Dal rapporto, dunque, anche anche note positive. Nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania sono le regioni meridionali che fanno registrare il più alto tasso di sviluppo, rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%. Per la nostra regione il fenomeno dell’aumento del Pil è collegato in modo evidente con il settore delle costruzioni finanziate con i fondi europei (+16,5% nel triennio).

Suscita però preoccupazione un fenomeno che la Svimez definisce “drammatico dualismo generazionale. E spiega: “Il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di occupati nella fascia adulta 35-54 anni (-212 mila) e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità)». Si è dunque «profondamente ridefinita la struttura occupazionale a sfavore dei giovani”.

E ancora, hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti, la metà dei quali «giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati”. E il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, passando da 362 mila a 600 mila, mentre al Centro-Nord sono 470 mila. La Svimez parla di “sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche”. 

Preoccupazione anche per la crescita del fenomeno dei working poors, ovvero del lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario.