- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

È allarme criminalità nelle carceri del Campania, oggi affollate da oltre 7.500 detenuti (oltre 2.000 in media nella Casa circondariale di Poggioreale, a Napoli) dopo gli ultimi rinvenimenti di sostanza stupefacente e telefoni cellulari di ultima generazione e la riproposizione quotidiana di eventi critici contro il personale di Polizia Penitenziaria da parte della frangia violenta dei detenuti, non adulti ma anche ristretti nelle carceri minorili.

E torna dirompente l’allarme lanciato da mesi dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria sull’uso, da parte della criminalità, sugli espedienti usati per fare pervenire nelle strutture detentive della Regione telefonini e droga, tra i quali vi è anche il ricorso ai droni. La denuncia è di Tiziana Gucci, segretario regionale per la Campania del SAPPE, che si appella al presidente Regione Campania, Vincenzo De Luca, ed ai prefetti di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno affinché raccolgano il ‘grido d’allarme del SAPPE’ e si rendano parte attiva presso il Governo e le istituzioni competenti: “Gli ultimi rinvenimenti nelle celle e gli episodi di violenza tra le sbarre delle carceri regionali confermano tutte le ipotesi investigative circa l’ormai conclamato fenomeno di traffici illeciti, fenomeno favorito anche dalla libertà di movimento dei detenuti a seguito del regime custodiale aperto e delle criticità operative attuali, in cui opera la Polizia Penitenziaria, con dei livelli minimi di sicurezza. Segnalo che in diverse carceri della Campania è stata accertato l’uso illecito di droni per introdurre nelle carceri telefonini, droga e persino armi. Il problema dell’ingresso della droga in carcere è questione ormai sempre più frequente, a causa dei tanti tossicodipendenti ristretti nelle strutture italiane. Dai dati in nostro possesso sappiamo che quasi il 30% delle persone, italiane e straniere, detenute in Italia, ossia uno su tre, ha problemi di droga, e la loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Notevoli anche le ricadute sul lavoro prezioso e diuturno che svolgono le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria nelle sedi detentive campane”.

La sindacalista evidenzia che “nonostante l’introduzione di un reato ad hoc nel nostro Codice penale, che prevede una pena da 1 a 4 anni di reclusione per chi introduce e possiede illegalmente un telefono cellulare in carcere, questo non ha sortito gli effetti sperati; l’unico deterrente possibile rimane la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni”, conclude il suo appello ai vertici politici ed istituzionali della Regione Campania il SAPPE. 

Il SAPPE ha sollecitato in più occasioni l’intervento del Ministero della Giustizia e degli organi nazionali dell’Amministrazione Penitenziaria affinché si valuti l’operato del Provveditore regionale penitenziario Lucia Castellano: fa piacere apprendere che oggi anche altri Sigle sindacali si siano distolte dal torpore e condividano i richiami del SAPPE”, aggiunge Donato Capece, segretario generale del SAPPE. “Nelle mie costanti e continua visite nei penitenziari campani ho incontrato ed incontro i poliziotti che vi lavorano ogni giorno con grande professionalità, spirito di abnegazione, senso del dovere e delle istituzioni, con umanità, nonostante buona parte delle carceri sono contrassegnate, chi più chi meno, da deficienze organiche, organizzative e di sicurezza interna, conseguenza di una gestione e di un coordinamento regionale evidentemente fallimentare: penso, ad esempio, ai molti e continui provvedimenti di mobilità in ambito regionale”.

“Per questo”, evidenzia il leader del SAPPEcredo che la Regione Campania ed i rappresentanti istituzionali campani non possano trascurare le criticità e le problematiche penitenziarie, ma anzi essere coinvolti nella loro soluzione per dare un senso all’articolo 27 della Costituzione che mira al trattamento rieducativo della pena. Serve, forte ed evidente, la presenza dello Stato, che non può tollerare anche la diffusa impunità, e servono provvedimenti urgenti ed efficaci per ristabilire ordine e sicurezza, attuando davvero quella tolleranza zero verso quei detenuti violenti che, anche in carcere, sono convinti di poter continuare a delinquere nella impunità assoluta!”, conclude.