- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Polla (Sa)- “Il fatto non sussiste”. Con questa motivazione, il presidente della Corte di Appello di Potenza, ha assolto un imprenditore di 56 anni, residente nel comune di Polla, difeso dall’avvocato cassazionista Michele Cuozzo, dall’accusa di violenza sessuale aggravata nei confronti della moglie.

Una vicenda giudiziaria nata nel 2019 quando la donna, residente anche lei nel Vallo di Diano, si rivolge a noto centro antiviolenza, denunciando alle operatrici di essere vittima di continui episodi di violenza fisica, psichica, sessuale ed economica, subiti dal marito e avvenuti nell’abitazione di proprietà, anche in presenza delle figlie minori della coppia.

Fatti questi, che si sarebbero protratti dal 2015 al 2019 e che secondo la denuncia presentata qualche anno fa, prima dal centro antiviolenza e poi ai carabinieri e finita dinanzi alla Procura della Repubblica che nel 2020 rinviò a giudizio l’imprenditore 56enne, sarebbero stati accompagnati da continue offese e minacce, con azioni di controllo psicologico da parte dell’uomo sulla moglie tanto da incutere timore alle figlie minori e con percosse quali calci, pugni e schiaffi al volto che costrinsero la donna a ricorrere alle cure ospedaliere.

Denuncia a seguito della quale la donna fu allontanata da casa e assistita insieme alle bimbe, dal centro antiviolenza mentre per l’uomo scattò la misura di divieto di avvicinamento nei confronti della moglie e delle bimbe ed il seguente accoglimento della richiesta avanzata dal Pubblico Ministero del Tribunale di Lagonegro, da parte del Giudice per le indagini preliminari, di rinvio a giudizio dell’uomo accusato dei reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e violenza sessuale aggravata.

Gli episodi denunciati dalla donna, l’imprenditore avrebbe trascinato con violenza la moglie nel bagno di casa dove avrebbe costretto la donna a subire rapporti sessuali  completi, il tutto mentre le bimbe della coppia si trovavano nella stanza adiacente, ascoltando le urla della donna violentata. Violenze sessuali a cui si sarebbero aggiunte quelle fisiche e psicologiche che si sarebbero protratte nel tempo, accompagnate da ingiurie e offese nei confronti della donna avvenute dinanzi alle minori, minacciando la moglie di aprirle la testa e buttarla fuori dalla finestra, percuotendola poi con pugni e schiaffi al volto, provocandole gravi ematomi refertati anche in ospedale e accusandola di aver sottratto una somma di danaro pari a 3200euro.

Violenze che hanno portato in un primo momento processuale, i giudici della sezione penale del collegio del tribunale di Lagonegro, presieduto dai magistrati, Nicola Marrone, Giusy Viterale e Carmela Pagano, ad emettere una sentenza di condanna in primo grado nei confronti del 56enne, a ben 5 anni e 6 mesi di carcere, oltre al pagamento delle spese processuali, all’interdizione dell’uomo dai pubblici uffici e la sospensione della potestà genitoriale.

Condanna che, accogliendo la richiesta del difensore dell’imprenditore è stata riformata dalla Corte di Appello, nel processo di secondo grado che ha assolto il 56enne dall’accusa di violenza sessuale aggravata e lo ha condannato per i reati di maltrattamenti e lesioni aggravate ad una pena di 3 anni e 2 mesi di reclusione.
Sentenza di Appello verso la quale il legale dell’imprenditore valdianese, annuncia ricorso dinanzi ai giudici della Corte di Cassazione.