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Roma – Continua la discussione in merito alla prossima tornata elettorale. I temi sono i soliti: modalità di svolgimento e date. Oggi è toccato al segretario nazionale del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, avanzare una proposta a riguardo. 

Viste le scelte di carattere elettorale – ha dichiarato il segretario dem e Presidente della Regione Lazio – sarebbe bene uno sforzo, da parte del governo, affinchè i seggi siano in luoghi separati dalle scuole, come ad esempio le palestre. 

Concordando la questione con sindaci e prefetture – ha aggiunto Zingaretti – i seggi potrebbero essere allestiti in altri luoghi pubblici, così da evitare di interrompere l’anno scolastico”.

Le dichiarazioni di Zingaretti fanno seguito a quelle della Sgambati, responsabile scuola dei democratici, che già nella giornata di ieri aveva sottolineato la necessità di individuare luoghi alternativi alle aule scolastiche per tenere le elezioni.

Di fatto il tema sollevato da Zingaretti e dalla Sgambati ricalca, in buona parte, la questione posta dal governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca e da altri Presidenti di Regione già da qualche settimana.

Sarebbe un evidente controsenso – questa in sintesi la tesi rilanciata da Santa Lucia – dar corso all’inizio dell’anno scolastico per poi interromperlo bruscamente causa tornata elettorale. In questo senso si era espresso anche Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale Presidi del Lazio, che aveva dichiarato: “Cominciare il 13 e poi richiudere poco dopo non ha senso“. 

A ciò – tra l’altro – De Luca e gli altri governatori hanno sempre affiancato la coerente richiesta di un voto a luglio. Ipotesi, questa, che però ormai appare del tutto tramontata. Ad ogni modo a nostro giudizio, il solo ipotizzare che – dopo tutto quanto è stato – si possano accavallare i giorni delle elezioni con quelli dell’apertura dell’anno scolastico induce a una qualche riflessione sulla sanità di giudizio degli attori di governo. Ma tant’è.

E in verità si avverte forte l’impressione che le dichiarazioni di Zingaretti siano una vera e propria “presa di distanza” dall’impostazione complessiva che il governo ha tenuto in materia di elezioni. Toccati con mano tutti i problemi che si porta dietro un’elezione a settembre, Zingaretti si smarca. O almeno ci prova.

Uno smarcarsi evidentemente tardivo quanto alla tempistica, sicuramente rilevante trattandosi del leader della seconda forza di governo. 

Ma allora, viene da chiedersi, perché non si è mai presa in considerazione l’ipotesi di un voto a luglio? Forse perché a questioni di ordine logistico, sanitario, organizzativo e finanche a semplici considerazioni di buon senso si sono anteposti piccoli interessi di bottega? Forse perché procrastinare la data del voto può tornare utile a un soggetto politico come il M5S che non ha mai “brillato” nelle tornate amministrative? Eppure la richiesta era venuta da più parti, da un ampio fronte bipartisan.

E ancora una volta il PD, per far salvi delicati equilibri di coalizione (a voler esser buoni), rischia di avvitarsi su stesso: con il segretario del partito che evidenzia tutti i limiti di una scelta condivisa e avallata proprio dai ministri dem.

Questa sera, nel frattempo, la Camera voterà il decreto sull’election day, che prevede l’accorpamento delle elezioni regionali e del referendum sul taglio dei parlamentari, da svolgersi il 20 settembre. Un voto che vede compatto il Governo. Salvo smarcamenti, s’intende.