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Il sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Salerno ha chiesto cinque anni di reclusione nei confronti di Marco Petrini, ex giudice della Corte d’Appello di Catanzaro, condannato a 4 anni e 4 mesi in primo grado, con rito abbreviato.

L’accusa contesta a Petrini anche un capo d’imputazione per il quale era stato assolto in primo grado ovvero un’ipotesi di corruzione in atti giudiziari che contempla i presunti illeciti commessi da Petrini in favore dell’avvocato Marzia Tassone con la quale l’imputato intratteneva una relazione intima. Per il resto l’accusa ha chiesto la conferma della condanna a 3 anni e 2 mesi nei confronti del medico/faccendiere e presunto collettore di proposte corruttive Emilio Santoro, detto Mario – difeso dall’avvocato Michele Gigliotti – e la conferma della sentenza a un anno e 8 mesi nei confronti dell’avvocato Francesco Saraco, difeso dagli avvocati Giuseppe della Monica e Nico d’Ascola.

Il procedimento è uno stralcio della più ampia indagine denominata “Genesi“, condotta dalla Procura di Salerno su input della Procura di Catanzaro, che contempla una serie di reati di corruzione giudiziaria commessi negli uffici giudiziari di Catanzaro.

Dopo gli arresti avvenuti il 15 gennaio 2020 i tre imputati hanno deciso di collaborare con la Procura di Salerno. In primo grado Petrini è stato interdetto dai pubblici uffici per la durata di 3 anni e 6 mesi; Emilio Santoro, difeso dall’avvocato Michele Gigliotti, interdetto dai pubblici uffici per la durata di 3 anni mentre l’interdizione per Saraco è stata fissata ad un anno e 6 mesi. Marco Petrini è stato condannato a risarcire al ministero della Giustizia la somma di 311.500 euro. Stessa cifra è stata comminata a Emilio Santoro. La riparazione pecuniaria comminata a Saraco, difeso dagli avvocati Giuseppe della Monica e da Nico D’Ascola, in favore del ministero è di 260mila euro.

Il Tribunale aveva anche ordinato la confisca per equivalente delle somme ritrovate in contanti ai tre imputati. Petrini, difeso dall’avvocato Francesco Calderaro, è stato condannato a risarcire la Presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Giustizia, da liquidarsi in sede civile.