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Salerno – Sarà difficile scardinare il belvedere di via Benedetto Croce dal podio dei luoghi abbandonati. Transennata da diversi anni, quella che fu una delle più caratteristiche terrazze a mare dell’epoca ante-porto commerciale ha però fatto di necessità… virtù.

Come un organismo autonomo, avulso dalla frenesia che pure gli scorre di lato, questo piccolo parco ha ‘deciso’ di continuare a vivere. A modo suo, versione nostrana della Ciudad Perdida colombiana.  

Alla furia degli elementi che, di volta in volta hanno abbattuto parte degli alti pini marittimi, ha allora risposto con lo sviluppo di piante autoctone e con palme sorte sia nel suo centro che lungo il perimetro.

Approfittando della mancata invadenza antropica ha preservato pezzi di archeologia architettonica pressoché introvabili altrove, come le fontanelle a cesto o le maioliche disegnate.

E’ allora diventato un luogo dalle grandi potenzialità… didattiche. Osservandolo, infatti, si può comprendere in che modo ed in quanto tempo la natura riuscirebbe a riappropriarsi degli spazi se la razza umana scomparisse dal mondo (su questo belvedere, da qualche decennio è certamente scomparsa quella di sindaci, consiglieri e assessori municipali…).  

Di più: l’esperimento è talmente affascinante che si sta replicando qualche decina di metri in basso. Parte dell’ex mercato ittico è ben avviata su questa dinamica di ‘esproprio naturalistico’ mentre, di lato, il tetto sfondato di una palazzina privata dimostra plasticamente quanto siano forti da queste parti pioggia e vento.

Interessante osservare come, nel distretto delle ‘rovine di Salerno’,  in assenza di interventi per tanti anni, la natura inesorabilmente modella i luoghi sostituendo se stessa alle manifatture.

Un anziano esce dal portone antistante il belvedere e, con aria saggia, esemplifica: “Un tempo qui avevamo i giardinetti e il parcheggio libero. Ora non abbiamo il parco ma ci sono le strisce blu”. Con relativo parchimetro.