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Salerno – Quaranta detenute in una struttura da sessanta posti complessivi, gestite da quarantanove agenti penitenziarie.

La Casa Circondariale di Salerno, in ordine alla gestione del padiglione femminile, oggi è un esempio virtuoso nel panorama delle carceri italiane. “Quando varcano quel cancello sanno che qui inizieranno, davvero, un percorso riabilitativo. E collaborano” dice orgogliosa Rita Romano, la direttrice della Casa circondariale.

Nel giorno dedicato alla lotta alla violenza sulle donne racconta, allora, l’episodio che più l’ha colpita: “Una ragazza dell’area napoletana qui sta scontando una reclusione di diversi anni in quanto giudicata colpevole di aver utilizzato i figli nelle dinamiche dello spaccio di droga. Quando è arrivata il suo approccio con questa nuova realtà è stato drammatico anche perché i figli erano stati posti in stato di adottabilità. Attraverso l’ufficio di esecuzione penale esterno, che dirigo, abbiamo fatto in modo di far incontrare all’interno della Casa Circondariale la madre con il figlio più grande. E’ stato un momento toccante”. Così come intensa e significativa sono state le frasi che la donna ha riferito alla direttrice: “Un giorno mi ha ringraziato per questa esperienza detentiva che, ha affermato, l’ha fatta crescere. Mi ha detto di sentirsi più libera ora che prima; oggi ha la consapevolezza di quanto allora fosse una pedina nelle mani dell’ex marito e della famiglia e di quante altre strade di legalità potrà percorrere appena la sua detenzione sarà terminata”.

In effetti i progetti finalizzati all’inclusione sono molti: “15 donne hanno deciso di intraprendere la strada della maturità alberghiera e si diplomeranno con l’Istituto Virtuoso di Salerno. Prima del Covid si svolgevano lezioni in carcere con i professori e qui si sviluppavano anche le attività pratiche. Da quando si è acuita l’emergenza, svolgono le lezioni in DaD”.

C’è di più: “Altro progetto riguarda la produzione di mascherine chirurgiche, in questo periodo personalizzate sul tema della violenza sulle donne (foto, ndr): mentre nel reparto maschile, a regime, saranno realizzate 300mila pezzi al giorno, in quello femminile saranno prodotte mascherine-fashion. Il nostro istituto ha sottoscritto un protocollo di collaborazione con il Museo Madre di Napoli che ci ha donato le stoffe pregiate e anche i macchinari. Saranno mascherine di nicchia che lo stesso Museo Madre esporrà. Alcuni pezzi sono stati già inviati a Procura e Prefettura. Conferiamo valore al tempo e le donne così impegnate realizzano, in pieno, il principio della ‘giustizia riparativa’ migliorando la propria buona condotta”.

Manca il nido (“in Campania essi sono presenti nel carcere di Bellizzi Irpino e di Lauro”) per un motivo preciso: “Quella di Salerno è una Casa Circondariale. Ciò significa che dovrebbe ricevere solo detenuti in attesa di giudizio. Quando il detenuto è condannato, dovrebbe essere tradotto presso gli istituti di reclusione. Nella realtà ospitiamo anche detenuti condannati in via definitiva, seppure con pene non lunghissime da scontare, generalmente entro i 7 anni”.