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Salerno – Spesso la storia si cela nei dettagli. Un ventenne salernitano potrebbe scorgere pezzi del passato guardando tra le inferriate arrugginite che ingabbiano da due decenni una cospicua parte di palazzo Santoro, sul lungomare.

Sintomaticamente vi troverebbe un segnale di ‘divieto di sosta-ante’, ossia precedente all’entrata in vigore della uniformità europea della segnaletica stradale. I genitori, quindi, gli potrebbero raccontare quando lì, su quelle strade e traverse, circolavano le AlfaSud o le 500 e Fiat 131 e quando loro, magari a bordo di un Sì o di un ‘Vespino’, da innamorati raggiungevano la costiera. E magari narrare la bellezza della facciata di Palazzo Santoro, fulgido quanto raro esempio di architettura in stile Coppedè fuori dalla Capitale (laddove esiste un intero quartiere).

Da due decenni Palazzo Santoro è chiuso nell’immobilismo di una ristrutturazione architettonica bloccata dalle vicissitudini giudiziarie. All’interno della recinzione arrugginita è possibile scorgere stucchi, fregi e decorazioni, la cui vista aumenta il rimpianto per la mancata fruizione di un bene storico-architettonico che, seppure di proprietà privata, è sentito quale patrimonio di tutti i salernitani. Che anche i ventenni di oggi non faticherebbero ad apprezzare.