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Benevento – Chiede che venga resa finalmente giustizia. Dopo 23 anni da un crimine assurdo, voluto dai Casalesi a Teverola nel casertano, non è stata fatta ancora piena luce sulla vicenda, né è stato riconosciuto il diritto dei familiari della vittima ad ottenere un vitalizio.

Questo è la richiesta che ancora una volta questa mattina ha lanciato da Benevento, come ha fatto anche in altre sedi e circostanze, Giovanna Pagliuca, sorella di Genovese, massacrato nel gennaio del 1995, per punizione dal terribile clan mafioso di Terra di Lavoro, che imputò alla vittima la “colpa” di aver difeso la propria fidanzata dall’amore molesto di una donna, amante del boss, che la sequestrò e la violentò.
Una recentissima sentenza del giudice civile ha dichiarato Genovese Pagliucavittima innocente” della camorra riconoscendo il vitalizio ai genitori, Giovanna sottolinea che “lo Stato ha dimostrato di essere presente, ma avrebbe potuto intervenire molto prima” per riconoscere il dovuto agli aventi diritto.

La Magistratura, in verità, nel 2009 rese definitiva la sentenza che condannava gli esecutori materiali del crimine, cioè alcuni esponenti di primo piano dei Casalesi,ma nonostante questo e sebbene fosse stato accertato che Genovese era una vittima senza alcuna colpa e senza alcun legame con il clan, il Ministero dell’Interno non aveva mai riconosciuto agli ormai anziani genitori il vitalizio previsto per legge alle vittime di camorra. E’ ancora possibile che il Ministero possa porre ricorso alla sentenza del Giudice civile che ha finalmente riconosciuto il vitalizio, e questo ovviamente significherebbe rimandare ulteriormente nel tempo la concessione materiale del beneficio. Per questo la sorella di Genovese è preoccupata: “Tutti sapevano e noi della famiglia eravamo certi che Genovese non c’entrava nulla con la malavita organizzata; dopo 23 anni questa sentenza del giudice civile non può affatto cancellare il nostro dolore. E peraltro per noi la concessione di questo vitalizio vuole significare soltanto che finalmente lo Stato attesta che Genovese con la camorra non c’entrava nulla. Non è affatto una questione di soldi”.

Giovanna ha voluto portare questa testimonianza di mancata giustizia: con le c’era anche Antonio  Iermano, il figlio dell’autista dell’assessore regionale al lavoro Raffaele Delcogliano, Aldo, entrambi massacrati nel 1982 dalle Brigate Rosse in una strada del centro di Napoli.

L’iniziativa rientra nella manifestazione del 21 marzo: “Terra. Solchi di verità e giustizia” e oggi nell’Aula Magna del Guacci   toccanti i racconti di Genovese  e Iermano  che insieme Michele Martino, referente provinciale dell’organizzazione di don Luigi Ciotti ha parlato ai ragazzi.

Dopo i saluti introduttivi della Dirigente Scolastica Gabriella  Fedele che ha rimarcato  i valori di legalità  e rispetto è intervenuto  Michele Martino, referente provinciale del  Coordinamento di Libera Benevento  ha sottolineato: “Sproniamo i ragazzi al  dovere della memoria  e noi abbiamo la responsabilità civile educativa di  trasmetterlo alle giovani generazioni “.

Martino ha poi esortato: “Non uccidiamoli per la seconda volta travolti dall’indiffererenza. Urliamo con forza  le oltre 900 vittime per non dimenticare cercando sempre verità e giustizia “