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di Valentina Scognamiglio

Non sempre si incontrano attori capaci di portare un naturale buon umore tra chi lo ascolta, e non  sempre ci si trova davanti ad artisti che, nonostante il successo acclamato, rimangano umili come le persone che erano prima della fama.

‘So’ ‘na brava persona, un po’ stronzo, ma sono buono’ dice di sé ridendo Giallini durate la quarta serata del BCT, in cui ha usato diversi aggettivi romaneschi per descriversi, ma ha mancato quello che, secondo me, lo descrive meglio; Marco è gagliardo. Marco è una persona così spontanea e umile che, mentre lo ascolti, o scrivi un pezzo su di lui, ti vie naturale chiamarlo per nome.

Il papà, che lo portava sempre a guardare i film a cinema, gli diceva che ‘Loro stanno de là e noi stamo de qua’, ma quando ho visto che de là ce stava gente che aveva meno core de me, allora me so detto: ce provo anche io!’

Ed è proprio questo che lo rende Marco e non Giallini, che porta lo spettatore a percepirlo come ‘casa’, è proprio questo suo essere conscio di cosa sia realmente la vita che fa si che il pubblico abbia realmente capito chi è Marco.

Forse anche aver ottenuto il successo non in gioventù lo ha reso un attore così amato perché, quando lo vedi sullo schermo percepisci anche la persona che c’è dietro il personaggio. Quando ascolti Marco senti che dietro quelle battute spontanee e così potenti da far ridere lui per primo, c’è una sofferenza di fondo che non ha bisogno di essere spiegata, una sofferenza che lo porta a non riuscire a volte a completare la frase quando si accenna ad essa.

Forse proprio questo fa di lui un artista tanto amato, che oltre l’oggettiva bravura c’è quella sofferenza che a volte ti rende peggiore, altre invece ti da una spinta in più come nel suo caso.

Marco è uno di quegli attori che piace a tutti, ma proprio a tutti. Nella serata di ieri, infatti, ha riempito Piazza Roma non solo di adulti, ma anche di bambini e ragazzi. È stato uno di quei rari ospiti del festival che vorresti ascoltare per ore, che ti fa venire voglia di avvicinarlo e dirgli: ‘perché non andiamo a berci una birra così mi racconti della prima volta che hai percepito quanto è fredda Aosta?’. Perché Marco di storie da raccontare sicuramente ne ha a bizzeffe.

Ripercorrendo la sua carriera ieri sera è stato ancora più chiaro quanto sia un attore versatile interpretando ruoli violenti, comici e drammatici. Solo per citare qualche film ricordiamo A.C.A.B., Posti in piedi in paradiso, che posso dire uno dei miei film preferiti, Perfetti sconosciuti, Se Dio vuole, Tutta colpa di Freud, Folle(mente) e il Commissari Rocco Schiavone che lo ha reso amato veramente da tutti. E questi sono ovviamente solo una parte dei tantissimi film da lui interpretati che, come ha esclamato ieri con sorpresa ‘Ammazza quanti so’, non me li ricordo nemmeno!’. Eppure chi lo segue se li ricorda proprio tutti.

Tra una battuta e l’altra Marco si è però aperto molto, e lo ha fatto in un modo così naturale e privo si sovra e sottostrutture, che quasi non ce ne si è accorti, ma a chi lo ha ascoltato soprattutto col cuore è arrivata una persona che non ha nulla di personaggio, una persona che ha saldi valori che si stanno perdendo e quando dice ‘L’amicizia è ‘na spinta, voglio dì, a un certo punto chiami un amico…’ capisci che quando dice di sé di essere un buono non mente.

Potrei stare qui ore a raccontare dei premi e delle candidature ricevute, di quelli che si spera arriveranno, di quale sia stato il film a renderlo famoso, ma questa è la solita narrazione che si fa di un artista. Io invece, ho voluto raccontare la persona che è risaltata dalla sua intervista perché, se c’è qualcosa di certo è che il pubblico che ama Marco Giallini, lo ama sì come attore ma soprattutto come persona, e che i suoi personaggi hanno dentro tanto di lui, al punto che non si potrà mai dire ‘O lo si ama o lo si odia’ perché Marco lo si ama e basta.