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Avellino  – All’interno del Tribunale di Avellino ci sarà una sala dedicata a Nunziante Scibelli. La decisione è stata presa dalla Giunta comunale su proposta del sindaco Paolo Foti. Scibelli, così come in più occasioni ricordato dall’Associazione “Libera”, rientra tra le figure meritevoli di essere ricordate.

Nato nel 1965 il giovane bracciante di Taurano venne ucciso il 31 ottobre 1991 a Lauro a causa di uno scambio di persona. L’auto di Scibelli, infatti, venne bersagliata di proiettili credendo che all’interno ci fosse un affiliato del clan Cava, all’epoca in perenne guerra con il clan Graziano. All’interno, invece, c’erano Nunziante e la moglie Francesca, incinta di sette mesi. Lei venne colpita in vari punti del corpo, ma fortunatamente senza conseguenze né per lei né per Nunzia che sarebbe nata pochi mesi dopo. Le ferite invece riportate da Nunziante si rivelarono fatali. Morì al Cardarelli dopo un vano tentativo ci salvargli la vita. Scibelli fu la prima vittima innocente di mafia del Vallo Lauro.

A distanza di tanti anni e prossimi all’anniversario della sua morte, il Comune ha deciso di dedicargli una sala nel Tribunale di Avellino.

«Ricordare Nunziante Scibelli – si legge nel deliberato di Giunta – alla vigilia del ventiseiesimo anniversario della sua morte, mediante l’intitolazione di una Sala del Tribunale di Avellino, è donargli la giusta dignità e consegnare, alla comunità avellinese, la memoria di un esempio di dedizione all’etica e alla legalità. Nunziante Scibelli, vittima innocente della camorra in Irpinia, conserva la memoria delle vittime innocenti della criminalità organizzata. L’intitolazione di una Sala del Tribunale di Avellino – prosegue il deliberato – rende, quindi, onore al sacrificio di Nunziante Scibelli, giovane sposo di Francesca Cava e padre di Nunzia, nata appena tre mesi dopo il tragico evento, e al tempo stesso offre dignità ai congiunti, che a distanza di tanti anni ancora soffrono per la grave e ingiusta perdita. Ricordare in tal modo Nunziante Scibelli costituisce, quindi, un modo per ribadire quei valori morali ed etici radicati nella nostra comunità, di cui ne sono il fondamento».

Marco Imbimbo