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Benevento – Quaranta giorni turbolenti, inattesi, disastrosi. Il Benevento ha gettato via ogni speranza di promozione diretta facendosi male con le sue stesse mani, in preda a una crisi di identità più lunga del previsto. I guai sono racchiusi in una difesa vulnerabile, una media punti da retrocessione e l’eccessiva variazione di moduli e interpreti che non hanno contribuito a dare certezze a un organico che dopo la vittoria sul Pescara sembrava aver prodotto lo slancio giusto per mirare alla vetta, inconsapevole del fatto che i problemi stavano iniziando a manifestarsi proprio quel 26 febbraio. 

Difesa – Basta dare un rapido sguardo alle formazioni che si sono alternate nelle ultime sette gare di campionato per comprendere che il Benevento ha fatto molta fatica a trovare riferimenti precisi. Solo una volta Bucchi ha confermato l’undici titolare del turno precedente, e lo ha fatto proprio contro il Palermo in quella che è stata la prova che ha convinto di più per occasioni create. Ma se c’è un tarlo che assilla non poco i tifosi sanniti,  riguarda le prestazioni in fase difensiva. Tredici gol incassati in quaranta giorni, la media di quasi due a partita con un picco registrato nella gara interna con lo Spezia, quando Montipò raccolse la palla in fondo al sacco ben tre volte. Un ruolino che spaventa, ma soprattutto sorprende chi aveva imparato ad apprezzare la solidità di un gruppo granitico nei mesi più freddi della stagione.

Più gol – Passare dal periodo invernale al periodo ‘infernale’ è stato più semplice del previsto. Ci ha pensato il vento di Livorno a scalfire le certezze di Maggio e compagni, avviando una crisi che pareva essersi finalmente risolta con una maggiore concretezza in zona gol. Con Ascoli (nella ripresa) Carpi e Perugia era andata così: il Benevento, accettando il rischio di esporsi, aveva provato a fare gol con maggiore continuità avvalendosi di un modulo a trazione anteriore. La scelta, ripetuta contro il Palermo, è stata bocciata solo da un Brignoli superlativo che ha evitato pareggio e sconfitta ai suoi blindando tre punti preziosissimi per la corsa alla serie A. 

Scelte –  Verrebbe dunque da dire che – al di là dei gol mancati  – la strada parrebbe quella giusta, ma è proprio a questo punto che conterà più di ogni altra cosa la fiducia dell’intero gruppo nei confronti di un allenatore che ha finora sperimentato tanto, forse troppo, sia nelle scelte iniziali che in quelle a gara in corso. L’ultima intuizione, il tridente ‘pesante’ Coda-Armenteros-Asencio ha finito per togliere fantasia e corsa al reparto avanzato regalando di conseguenza venti minuti preziosi, forse i più importanti della partita, agli avversari diretti nella corsa al secondo posto. Una scelta mai compiuta prima in stagione, tentata in uno dei momenti cruciali, davanti a un bivio decisivo.  Un coraggioso azzardo rivelatosi poi un errore determinante. La Strega nel ciclo terribile delle ultime sette gare ha cambiato modulo più volte passando dal 3-5-2 al 4-3-1-2 senza disdegnare il 4-4-2, il 4-3-3 di origine e il 4-2-4 con cui ha chiuso il match contro i rosanero dopo il doppio innesto di Insigne e Buonaiuto per la classica mossa della disperazione. Tante alternative, molta scelta, ma attenzione: il camaleontismo ci mette ben poco a trasformarsi in confusione. 

Gap – Chiudiamo con un dato che fa il paio con il momento terribile della difesa: il confronto sui punti conquistati. Le altre hanno viaggiato a una velocità doppia rispetto a quella del Benevento. Brescia, Lecce e Palermo in questi 40 giorni di buio hanno portato a casa la media di due punti a partita, contro il misero punto per match dei giallorossi. I lombardi, che vanno spediti verso la vittoria del campionato, hanno vantato una media del 2.1, mentre Lecce e Palermo quella perfetta dei 2punti a gara. Questo vuol dire che il Benevento ha accumulato mediamente un ritardo di 7 punti su ogni concorrente ed è rimasto col cerino in mano, facendo persino peggio di tante formazioni di medio-bassa classifica che hanno sfruttato proprio l’ultimo mese per rialzare la testa. Ora Bucchi e i suoi ragazzi devono guardarsi le spalle, a partire dallo scontro diretto delicatissimo di Pasquetta del Bentegodi, dove ci sarà da curare anche l’allergia agli scontri diretti.