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Benevento – Le mani si muovono a ritmo, gli occhi brillano di felicità. Sono le 23.30, siamo nel bel mezzo dello spettacolo di Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, ma la bimba accanto a noi non fa alcun capriccio. La sua età non si conta in anni ma in mesi, troppo pochi per poter avere una chiara cognizione del luogo e dei volti che la circondano. Lo sguardo ingenuo e attento incrocia quello di tanti altri ben più grandi di lei. Anche loro battono le mani, poi accennano un canto e ridono di gusto. E’ forse tutto qui il concerto di Arbore, ma è un “tutto qui” pieno di tante cose belle da vivere. Gli oltre sessant’anni di carriera vengono portati sul palco con la saggezza di chi ha girato il mondo e l’eleganza di chi sa di piacere senza essere banale. Indossa una giacca bianca a fiori, che toglierà e metterà in continuazione seguendo la temperatura di piazza Castello. 

Il vento fresco che accarezza la pelle dei presenti va e viene, ma è spazzato via dal calore dei grandi classici della canzone napoletana, tirati a lucido con versioni ricche di innovazioni stilistiche e strumentali. Particolarmente accattivante la versione di “Guaglione” che fila via sul ritmo della seconda linea ereditato da New Orleans con l’influenza del jazz e tanto lavoro alle percussioni. La saggezza di Arbore – ma guai a chiamarla anzianità – risiede anche nell’ampio spazio lasciato ai componenti dell’orchestra, tutti meritevoli dell’applauso convinto della gente. “Voce e’ Notte”, cantata da Barbara Buonaiuto, sembra riecheggiare ancora oggi per le vie del centro storico, per non parlare di “Nessun dorma” e “Dicitincello vuje” interpretate da Gianni Conte, che hanno fatto da contorno a successi senza tempo come “Maruzzella”, “Chella llà”, “Comme facette mammeta”, “Oi Vita” e perfino “Nessun Dorma” in una inedita versione voce e mandolini. 

Tra un brano e l’altro Arbore ha messo in mostra la solita autoironia raccontando aneddoti comici, alcuni dei quali inerenti la sua vita. Il gran finale è stato affidato a una maestosa interpretazione di “Ma la notte no”, che ha visto coinvolti tanti dei componenti in assoli del tutto originali. Il percussionista Giovanni Imparato si è scatenato accompagnando i battiti al congas alla sua voce particolare, e lo stesso ha fatto Mariano Caiano, fido scudiero che ha spaziato dal rap al pop inventando versi in varie lingue; da quelle africane alle europee passando per la Jamaica. Tre ore di spettacolo volate via senza il minimo sforzo apparente. “Questa è la musica di tutti, siamo lieti di aver avuto Renzo e la sua Orchestra con noi – ha dichiarato Clemente Mastella a fine serata -. La loro è una musica accademica, basta ascoltarla per trenta secondi e sai già come accompagnarla”. E alla fine è un pensiero comune. Anche perché quando “Cacao Meravigliao” manda tutti a casa si è fatta l’una e mezza, e quella bimba di dormire non ne vuol proprio sapere.