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Al momento non sappiamo come evolverà l’emergenza coronavirus. Non sappiamo se le notizie che arriveranno nei prossimi giorni saranno rassicuranti, nel senso di un contenimento dell’epidemia, o se ci troveremo al cospetto di uno scenario che richiederà misure draconiane. L’auspicio è che le misure fin ora adottate dal Governo, al netto del caos di comunicazioni che stiamo vivendo in queste ore, possano sortire un qualche effetto positivo.  I dubbi sulla tenuta complessiva del sistema Paese sono fondati e ragionevoli ma di una cosa, però, possiamo ragionevolmente essere certi: prima o poi usciremo dall’emergenza.

Ed allora verranno alla luce, in tutta la loro portata, i problemi enormi che questa crisi ci lascerà in dote. Della situazione sanità nel Sannio abbiamo già scritto, evidenziando come il progressivo depauperamento ed il contestuale depotenziamento dell’offerta sanitaria nel nostro territorio manifesti oggi tutto il suo effetto pernicioso, ma c’è un’altra questione della quale proprio non si può tacere: la tenuta del nostro (già fragile) sistema economico.

Già oggi gli effetti dell’emergenza sull’economia dei nostri luoghi è plasticamente visibile. Senza addentrarsi in complicate analisi di carattere socio – economico, basta fare un giro per un qualsiasi locale – dai semplici bar fino ad arrivare ai ristoranti – per rendersi conto del drastico calo di avventori e clientela.

Sul piano economico quella che stiamo vivendo è una crisi completamente diversa da quelle che abbiamo già conosciuto. Gli economisti, a riguardo, parlano di “crisi d’offerta e non di domanda”. Di fatto, i soldi per gli acquisti ci sono, ma le persone optano per rimanere a casa, decidono di non recarsi al ristorante e smettono di fare shopping.  Una crisi che riguarda la “sfera emotiva”, non la dimensione materiale e per questo ancora più difficile da fronteggiare. Inoltre, nelle prossime ore il governo varerà le nuove regole per il contenimento del contagio – presumibilmente molto più stringenti –  valide per un mese in tutto il Paese, sulla base delle indicazioni ricevute dal comitato scientifico.

In questo momento la Valle Telesina, che pure è una delle zone più “dinamiche” dell’intera Provincia sul piano economico ed imprenditoriale, sta vivendo la situazione più critica. I casi di positività al Covid-19 registrati nella Valle hanno accentuato un clima di tensione e di paura diffusa. Qui il sistema economico ed imprenditoriale potrebbe rischiare davvero il collasso.

In questo senso il grido d’aiuto espresso dai sindaci del comprensorio non può che essere rilanciato. L’amarezza espressa dal sindaco di Guardia Sanframondi Floriano Panza, che ha richiamato il governo ad “una più giusta ed equa considerazione degli interessi di tutti i cittadini italiani”, è la nostra amarezza. I provvedimenti presi dal Governo per arginare l’impatto dell’emergenza sul piano economico in altri luoghi del Paese, possono e debbono essere estesi a zone che hanno dovuto fare i conti con la presenza di casi di contagio conclamati. La differenza tra “zona rossa”, “zona gialla” e “zona verde” ha senso in relazione alle misure di contenimento dell’espansione del virus, molto meno per ciò che riguarda l’aspetto economico dell’emergenza.

Questa terra ancora sconta i terribili effetti dell’alluvione del 2015. Senza giri di parole: non abbiamo la forza di poter fronteggiare un altro tsunami economico. Non lasciateci soli, almeno questa volta.